NUOVO (DIS)ORDINE
IL NOBEL HART: «IL PROFITTO NON BASTA PIÙ»
«Il mondo è cambiato, ora dobbiamo riscrivere le regole», sostiene Oliver Hart,73 anni, britannico, docente all’Università di Harvard dal 1993, premio Nobel per l’Economia nel 2016 per la sua ricerca sui contratti, in particolare sul ruolo che la struttura proprietaria e gli accordi contrattuali svolgono nel governo societario. In un paper pubblicato in aprile, intitolato New Corporate Governance, scritto con Luigi Zingales, Hart parte dal drammatico aumento dell’impegno degli azionisti nelle tematiche sociali e ambientali, che in alcuni casi li porta anche a sostenere azioni che possono ridurre il valore di mercato dell’azienda in cui investono, per spiegare che «il paradigma basato sulla massimizzazione del profitto non aiuta a spiegare questo nuovo comportamento». Da qui la necessità di superare le «debolezze economiche» delle regole attuali, proponendo di introdurre un criterio di «massimizzazione del welfare degli azionisti».
Ma in che cosa consiste il welfare (o benessere) degli azionisti? «Le imprese devono
agire per conto degli azionisti, perché questo è il modo in cui funzionano le società in cui i soci votano per eleggere il consiglio di amministrazione. Ma gli azionisti forse sono interessati a qualcosa di più del semplice denaro o a diventare ricchi; potrebbero avere a cuore altre cose, ad esempio l’ambiente. E l’azienda deve tenerne conto».
Per implementare questo criterio non solo «bisogna cambiare le regole, ma ancora più importante è cambiare il modo di pensare dei manager che guidano le imprese e i fondi di investimento, perché spesso ritengono che il loro unico compito sia quello di creare valore per gli azionisti», afferma Hart. Poi «in certi casi bisogna intervenire sulle regole», come nel caso dei fondi pensione negli Stati Uniti, dove le regole impongono al gestore di tenere conto solo delle conseguenze finanziarie di un’azione. Ma «ci sono altre situazioni più ambigue», sottolinea. «Io e il mio co-autore Zingales argomentiamo che i manager non dovrebbero basarsi sulle loro preferenze o su quelle del Ceo della società, ma chiedere ai loro investitori quali sono le loro preferenze e quali tradeoff sono disposti ad accettare per scelte più verdi». Il punto, secondo Hart, è che investire secondo criteri in linea con l’ambiente, il sociale e la governance, come nel caso dei fondi ESG, non basta. «Se un fondo comune vende o non investe in azioni “sporche”, questo potrebbe rendere le imprese in questione ancora più irresponsabili». Perciò suggerisce di utilizzare invece «una strategia di coinvolgimento e di voce degli azionisti, per spingere un’azienda cattiva a migliorarsi».
Un modo per far esercitare agli azionisti la propria voce è «far scegliere loro linee guida di voto. Negli Stati Uniti esiste già questa possibilità, ma è poco usata grazie alla Iss o Institutional shareholder strategy», spiega Hart. «Un altro modo è avere fondi attivisti, che si impegnano in nome degli investitori a spingere le società in cui investono a comportamenti più verdi». Quasi un anno fa fece clamore il caso di Engine No.1, un piccolo hedge fund che ha scosso l’industria petrolifera, riuscendo a estromettere tre membri del board di ExxonMobil e a sostituirli con candidati più attenti al clima, pur possedendo solo lo 0,02% delle azioni del gruppo.
Non è solo la corporate governance a essere obsoleta. Eventi imprevisti come la pandemia e una guerra nel cuore dell’Europa impongono una revisione del modo in cui scriviamo i contratti. «Non è possibile prevedere tutto: sono contrario a inserire sempre più clausole, meglio accordarsi su principi guida a cui fare riferimento quando avviene qualcosa di inatteso, usando criteri di equità, lealtà, onestà, integrità e reciprocità», sostiene Hart. Che sta lavorando a un nuovo paper su come innovare i contratti. «Il punto è di accordarsi, in caso di eventi non immaginabili, di non considerare solo il proprio interesse, ma anche quello della controparte. Il contratto non dovrebbe essere solo un atto legale, ma pure uno strumento per costruire una relazione migliore».
” Cambiare il modo di pensare dei manager d’impresa
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Impossibile prevedere tutto, sì agli accordi sui principi
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Non si deve considerare soltanto il proprio interesse