Nelle pause, musei e passeggiate nel verde
La visita al Muse o l’avventura lungo i percorsi naturali disegnati dall’Adige
L’Adige è dà sempre il metronomo di Trento, detta il ritmo della primavera. Lo si capisce al Parco delle Albere, tra gli aceri, i faggi e le betulle che costituiscono il polmone verde del corpus plasmato da Renzo Piano, a ridosso del palazzo omonimo che fu villa vescovile eretta per il Concilio di Trento nel XVI secolo (dal 18 giugno sarà occupata dagli stencil di Banksy), perché tutta la città corre, si muove, vibra di energia proprio sui sentieri intrecciati sotto la riva del grande fiume trentino.
E anche i viaggiatori, eredi di Johann Wolfgang von Goethe, che iniziano qui la loro calata in Italia, restano incantati prima dalle piante e dai fiori dell’Orto della Biodiversità (nel giardino dal 12 giugno andrà in scena Space for out planet sui 25 goal dello sviluppo sostenibile), poi dalla silhouette montana del Museo delle Scienze, infine soprattutto dalle sue collezioni di crani, ossa, fossili e dalla presenza di esseri vegetali e animali viventi nelle serre: oggi il MUSE è l’attrattiva più contemporanea della città, seguita da dalle Gallerie di Piedecastello, gli ex tunnel della tangenziale ovest trasformate in uno spazio espositivo rivoluzionario che ora indaga sulla memoria.
Anche il Buonconsiglio, la reggia affrescata dei vescovi arricchitasi sempre di nuovi sfarzosi ambienti dal XIII al
Suggerimenti
Si può fare trekking sulla via Claudia Augusta, strada tracciata dai romani
XVIII secolo ha dovuto accettare di cedere lo scettro di luogo più visitato.
Una classifica di bellezza, a Trento, comunque non regge: altrimenti il tesoro ecclesiastico della Cattedrale di San Vigilio, la fontana del Nettuno dopo l’ultimo restauro e, lì sotto, il cosiddetto giro al sas ovvero il percorso sotterraneo nei meandri misteriosi dalle vie Oss Mazzurana, Manci, San Pietro, Largo Carducci e Oriola sarebbero in testa.
Di sicuro maggio è il mese del trekking, magari seguendo la Via Claudia Augusta, la strada militare tracciata dagli antichi romani per unire il Mar Adriatico al Danubio: l’iconico ponte nel borgo di San Lazzaro, affacciato sul torrente Avisio che sbuca fuori da una forra nella roccia, costituisce la prima meta.
Poi si raggiunge il giardino pensile dei Ciuciòi, una delizia in stile romantico dall’architettura elicoidale arrivando ad abbracciare una chiesetta neogotica, un piccolo castello, la casa del giardiniere, mentre a Meano, dove un tempo fioriva l’attività mineraria, tra i vigneti — siamo
Gli alberi
Tra Malga Nova e Busa dei Pezi si incontrano l’abete rosso e il grosso acero montano
sempre sopra l’Adige — si imbocca appunto la Via Claudia Augusta sino a Gardolo di Mezzo, dove sono stati rinvenuti resti archeologici di un villaggio risalente all’antica età del Bronzo proprio alle pendici del Doss de La Luna dalla forma di un cono.
Per ritrovare l’Adige, adagiato nella sua valle, bisogna inoltrarsi tra i boschi alle pendici della Marzola.
E magari pensare di godersi una bella passeggiata panoramica che dal Passo del Cimirlo, lungo un sentiero ad anello, conduce sino al Rifugio Maranza.
Questo è accoccolato su di una verde radura da dove si dipana un percorso naturalistico emozionante: prima si incontra lo sperone roccioso del Doss dele Spazadore, dal cui affaccio pare di accarezzare, tanto sono vicini, Trento, il Monte Bondone, la Vigolana e appunto lui l’Adige laggiù.
I boschi non sono però finiti, anzi continuano sino al Prà dell’Albi e culminano nell’abbraccio indimenticabile che tra Malga Nova e Busa dei Pezi si può avere con l’abete rosso e l’acero montano dai tronchi forse più grossi di tutta la regione: stringere la loro corteccia rugosa, vecchiotta ma forte, tra il frastuono degli uccelli e i riverberi della luce è catartico e immanente.