Corsa combattuta, rosa a sorpresa e l’Eletto si nasconde
Classifica cortissima con Lopez deciso a vendere cara la pelle e Carapaz che deve ancora scatenarsi
SILVI MARINA Gomito a gomito, in dodici nello spazio di appena 87 secondi: ventenni e quarantenni, debuttanti e veterani, chi ha già vinto tutto, chi poco, chi ancora niente. Dopo le prime nove tappe, la classifica del Giro d’Italia è cortissima e variamente assortita per età, nazionalità ed esperienza sul campo. Non c’è traccia dell’Eletto che sarebbe dovuto spuntare dalla combinazione spaccagambe tra Etna, montagne lucane e Blockhaus: i valori sono livellatissimi. Richard Carapaz — partito da Budapest con i bookmakers dalla sua parte per curriculum e potenza della Ineos — non ha fatto la differenza. I primi 1.483 chilometri rosa hanno solo depurato la classifica da malaticci e fuori forma: fuori gioco Dumoulin, arrostiti a fuoco lento in Abruzzo Simon Yates e Giulio Ciccone, mai in corsa l’enigmatico Miguel Angel Lopez.
La maglia rosa è sulle spalle del Lopez che nessuno aspettava, il giovane andaluso Juan Pedro che corre con la TrekSegafredo e che sul Blockhaus ha eroicamente difeso il titolo dopo aver perso la scia dei primi a causa del tamponamento da parte di un collega. La cederà, è quasi certo, ma vendendo cara la pelle e, probabilmente, non prima del prossimo weekend. Il podio dovrebbero spartirselo i quattro alle sue spalle, oggi compressi in otto secondi: oltre a Carapaz ci sono Almeida e Hindley che un Giro se lo sono già disputato (senza vincerlo) e l’esperto Bardet a caccia del primo trionfo in carriera. Tra Martin (6°) e Landa (7°), è lo spagnolo dallo sguardo triste a sembrare più in palla in una corsa che — per sua fortuna — presenta solo tracce di cronometro. E poi c’è Pozzovivo (8°) che non finisce di stupire: a 39 anni il lucano sta disputando il migliore dei suoi 22 grandi giri.
La corsa riparte in modo soft oggi da Pescara per proteggere 166 stanchissimi superstiti in vista della prossima settimana, la terza, che si annuncia severissima. La tappa verso Jesi, ondulata nel finale, è adatta a imboscate e fughe da lontano mentre quella di domani che punta su Reggio Emilia è completamente piatta. C’è spazio per i molti che non si sono ancora fatti vedere, per i 42 italiani ancora in gara da cui ci si attende — se non una vittoria — almeno un segnale di esistenza in vita.