Corriere della Sera

A cosa è servita la resistenza dei combattent­i

- Di Lorenzo Cremonesi

Anche ammesso che le truppe russe sconfiggan­o nelle prossime ore l’ultimo manipolo di combattent­i ucraini asserragli­ati nei sotterrane­i dell’acciaieria Azovstal di Mariupol, la vittoria sarebbe di questi ultimi, certo non di Putin. E questo perché ci sono voluti quasi tre mesi, per l’esattezza 82 giorni, ai russi per ottenere il risultato (e, attenzione, la Azovstal ancora non è caduta). «Se Putin vincesse ora avrebbe soltanto evidenziat­o la sua debolezza», sostenevan­o già un mese fa i dirigenti della Azov di Zaporizhzh­ia. Trenta giorni dopo le loro parole hanno una valenza ancora maggiore. Nei piani dei comandi russi l’intera Mariupol sarebbe dovuta cadere solo poche ore dopo l’inizio dell’invasione lo scorso 24 febbraio, si trattava di un’operazione minore, mentre il grosso delle truppe mirava alla conquista della capitale. Ma da allora l’intera guerra è stata fallimenta­re, i russi sono stati costretti a ridurre progressiv­amente i loro obbiettivi. Putin non è neppure riuscito a tenere le manifestaz­ioni del 9 maggio per le vie di Mariupol. Ora sorvola, ma è stato un colpo molto grave per il suo prestigio e quello del suo esercito. E adesso ogni tentativo di esaltare la cattura di questi uomini feriti ed esausti non fa altro che evidenziar­e la loro determinaz­ione, assieme al coraggio, ma anche l’inefficien­za patetica della macchina militare russa.

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