La linea Draghi sugli aiuti militari Ma il voto in Aula non è nei piani
Domani l’informativa del premier in Parlamento Scontro in commissione Esteri sul dopo Petrocelli: M5S spaccati e Forza Italia vuole Stefania Craxi
Se non bastavano Conte e Salvini, ora il premier deve vedersela anche con Berlusconi, che attacca Biden e la Nato, critica l’invio delle armi all’Ucraina, giustifica Putin, spacca Forza Italia e poi corregge il tiro. Mare (molto) mosso, dentro la maggioranza. Oggi si vota il successore del presidente della commissione Esteri e lo scontro è furibondo. I 5 Stelle sono spaccati tra contiani e dimaiani e Forza Italia cercherà di eleggere Stefania Craxi.
E non è il solo fronte aperto. Conte non si arrende, vuole un «confronto in Parlamento» sulla guerra con tanto di voto e non si accontenta dell’informativa che Draghi terrà domani, prima alla Camera e poi al Senato. Sarà un discorso ampio, con cui il capo del governo proverà a ricompattare la sua tormentata maggioranza. E, con buona pace del M5S, sarà anche l’ultimo discorso davanti al Parlamento prima del Consiglio europeo del 30 e 31 maggio.
Il nodo è tutto politico e a Palazzo Chigi non sembrano intenzionati a scioglierlo. L’ex premier ritiene «indispensabile» un confronto in Parlamento e assicura che non intende nuocere al suo successore, anzi l’obiettivo è «rafforzarne il mandato in tutti i consessi internazionali». Se è una trappola, Draghi non vuole caderci e salvo colpi di scena non terrà le comunicazioni alle Camere prima del Consiglio Ue di fine mese, perché si tratta di un appuntamento straordinario e la prassi non obbliga a votare una risoluzione. D’altronde la richiesta di Conte resta isolata, perché il tentativo di convincere Salvini a seguirlo non è riuscito. In favor di telecamera il leader della Lega continua a tuonare, ma nel faccia a faccia di due giorni fa non ha pressato Draghi sull’invio delle armi, non ha invocato la conta in Aula e non ha messo in discussione il mandato del premier sulla guerra.
Tensioni e distinguo a cui Draghi dovrà in qualche modo rispondere nella lunga informativa di domani in Parlamento, che toccherà tutti gli aspetti del conflitto: militare, finanziario, umanitario, energetico, alimentare. La linea del governo non cambia, è quella che il premier ha illustrato al ritorno dalla missione negli Usa. Una linea più «europea», che tiene insieme condanna di Putin, sostegno a Kiev, sanzioni severe a Mosca e sforzo negoziale per la pace: «L’Italia è in prima linea per una soluzione diplomatica che porti alla pace». E la pace non potrà essere una resa, dirà Draghi riecheggiando Mattarella, ma «sarà quella che vorranno gli ucraini».
Sul tema esplosivo delle armi Draghi si muoverà con cautela, non parlerà esplicitamente di quel possibile quarto decreto che già infervora buona parte della maggioranza. «Il premier non sfiderà il Parlamento — prevede il sottosegretario alla Difesa, Giorgio Mulè —. Confermerà che l’Italia non si muove dal perimetro tracciato». Per Draghi è anche il giorno dell’incontro a Palazzo Chigi con la premier finlandese Sanna Marin, il giorno di riaffermare il convinto sì dell’Italia all’ingresso di Helsinki (e Stoccolma) nella Nato. La linea del premier è quella che ha espresso giorni fa Luigi Di Maio al G7 in Germania: «Siamo ben lieti di accogliere Finlandia e Svezia nell’Alleanza». Per Draghi è il primo bilaterale con Marin, l’invito è partito da Roma e l’incontro era programmato da tempo. Si parlerà del veto della Turchia all’ingresso dei due Paesi e del ruolo di mediazione di Chigi e della Farnesina per convincere Erdogan a dire di sì.
E oggi si vota alla Camera la conversione del decreto Ucraina, già approvato al Senato. Il governo ha posto la fiducia, perché per tre volte lunedì la maggioranza non aveva raggiunto il numero legale a causa delle assenze tra leghisti, forzisti e azzurri. Insomma, il partito che resta più leale a Draghi è il Pd di Enrico Letta, che ieri ha riunito la Direzione nazionale: «Non abbiamo nessun timore di un voto in Parlamento». Poi l’appello agli alleati, perché la smettano di bombardare Palazzo Chigi: «Serve l’unità dell’Europa e della maggioranza a sostegno dello sforzo di pace del governo».