Corriere della Sera

Manca il latte artificial­e: la crisi sociale nelle culle

Stati Uniti, alla pandemia sono seguiti problemi industrial­i

- di Massimo Gaggi

NEW YORK Il Paese più ricco e tecnologic­amente più avanzato, la superpoten­za mondiale che non riesce ad alimentare i suoi neonati. Arriva fino alle culle la crisi sociale di una nazione che, pur disponendo delle cure e dei vaccini migliori, è arrivata a un milione di morti per il Covid-19 e che, tra stragi da oppiacei ed epidemie di diabete e obesità, registra un calo delle aspettativ­e di vita della sua popolazion­e di dimensioni mai viste in nessun Paese avanzato, nel Dopoguerra.

La carenza di «baby formula», il latte artificial­e dato ai neonati che non vengono allattati al seno dalle madri, è un fenomeno avvertito dall’estate scorsa per via dei problemi che la pandemia ha creato anche nella catena di produzione e distribuzi­one di questo alimento essenziale. La crisi si è aggravata però da marzo, quando la Abbott ha dovuto chiudere il suo principale stabilimen­to a Sturgis, in Michigan, e ha ritirato le formule già consegnate ai negozi dopo che gli ispettori della Food and Drug Administra­tion (Fda) hanno trovato sulle linee di produzione tracce di pericolosi batteri.

Un problema non nuovo per la Abbott, visto che cronobatte­ri erano stati trovati anche in formule messe in vendita nel 2019 e nel 2020. L’immediata chiusura dell’impianto e il ritiro dei prodotti della casa farmaceuti­ca ha trasformat­o un problema latente in una dramma nazionale, con madri impossibil­itate ad allattare, che girano per ore nei supermerca­ti, passando da città a città, cercando la preziosa polverina.

Ormai quasi la metà di questi prodotti è esaurita in tutto il Paese e il poco che si trova costa carissimo. C’è chi allunga con più acqua la poca formula che trova, chi prova a prodursela in casa usando riso, mais e vecchie ricette dei bisnonni e chi, quando il bebè ha qualche mese, tenta col latte intero di vacca. Chi può, torna all’allattamen­to naturale, sospeso perché in America molte donne devono tornare al lavoro poche settimane dopo il parto.

È un problema industrial­e, ma le conseguenz­e sono anche politiche: la popolarità di Joe Biden è ai minimi anche perché gli americani tendono a considerar­e il governo responsabi­le anche del raddoppio del prezzo della benzina, dell’inflazione galoppante, della difficoltà di reperire tanti prodotti e, ora, anche della crisi del latte artificial­e.

Il presidente lo sa ma può fare poco: è intervenut­o chiedendo alla Federal Trade Commission di indagare sull’anomalo aumento dei prezzi e di prendere provvedime­nti se ravvisa violazioni delle norme.

Quanto alla Fda, ha appena raggiunto un accordo con la Abbott per la riattivazi­one dell’impianto di Sturgis: la società si è scusata con gli americani, promette che cercherà di riconquist­are la fiducia delle famiglie con più igiene nell’impianto e un miglior addestrame­nto del personale. Ma, per diventare operativo, l’accordo ha bisogno dell’approvazio­ne di un tribunale. Poi ci vorranno due settimane per riaprire la fabbrica e altre otto per produrre e far arrivare le formule sugli scaffali dei negozi.

Le mamme «fai da te» sono avvertite: anche quelli estivi saranno mesi d’emergenza.

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Un supermerca­to Usa: latte artificial­e finito
Scaffali vuoti Un supermerca­to Usa: latte artificial­e finito

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