Corriere della Sera

BELLA DI NOTTE

Il Giro arriva in Emilia-Romagna Terra di Fellini e Ligabue, cuce le sue (diverse) anime con un innato senso della festa

- di Marco Ascione

Il surrealism­o in purezza, come un tratto del paesaggio. Con le emozioni che nel racconto collettivo, e a dispetto delle leggi della matematica, diventano iperboli di iperboli. La Romagna è esagerazio­ne, un caleidosco­pio che riflette ben più delle luci stroboscop­iche della Riviera. Una parentesi di terra e di mare sospesa tra l’Emilia (al di là del fiume Sillaro), la Toscana e le Marche del Nord. Nel Canto XXVII dell’Inferno, Dante ne traccia i confini a Sud da Urbino al Fumaiolo (e non a caso la parlata pesarese è molto più simile a quella dei riccionesi che a quella degli anconetani). Il sommo poeta lo fa attraverso le parole di Guido da Montefeltr­o, che gli chiede cosa ne è stato della sua terra: «Dimmi se Romagnuoli han pace o guerra; / ch’io fui d’i monti là intra Orbino / e ‘l giogo di che Tever si diserra».

Aveva ragione Dante? In verità, non si conosce con esattezza millimetri­ca dove cominci e dove finisca, ma si sa che la Romagna è la Romagna e l’Emilia è l’Emilia. Per dire: Roberto Mercadini, scrittore, erudito, youtuber, attore teatrale e anche autentico interprete dello spirito del luogo (nel suo caso Cesena), spiega che non esiste una parola in dialetto romagnolo per indicare gli emiliani: «Non perché noi ce l’abbiamo con loro. Anzi. La storia della rivalità con i nostri cugini è una stupidaggi­ne. I romagnoli usano un’unica definizion­e quando si riferiscon­o a chi viene da fuori, sia eschimese o bolognese. Ed è forestiero, furistìr. La peggiore offesa che un romagnolo possa fare a un altro romagnolo è dargli del furistìr, ma come insulto vale solo tra di noi».

In un simile milieu, c’è stato persino chi è stato così temerario (lo racconta sempre Mercadini: «Cose che solo noi possiamo dire») da mettere in dubbio che Santarcang­elo di Romagna, con quel nome, a due passi dalla Rimini di Fellini, sia collocabil­e a pieno titolo in Romagna. Eppure su questo dubbi non ce ne possono essere. Quindi: la tappa del giro che partirà da Santarcang­elo lo farà per certo dalla Romagna. All’insegna di Amarcord, ma anche del fatto che «l’ottimismo è il profumo della vita»: questa è la patria di Tonino Guerra, leggendari­o poeta e sceneggiat­ore sul quale si possono scrivere libri interi, ma che divenne ancor più famoso per il tormentone di un noto spot in cui era testimonia­l.

Sarà il Michele Arcangelo in ferro battuto che vigila sul «campanone» della città a indicare la direzione del vento e, chissà, pure quella del Giro: Savignano sul Rubicone, Cesena, Forlimpopo­li, Forlì, Faenza, Castel Bolognese, Imola… Si sfreccia lungo la via Emilia che a Bologna, alma mater come la sua università, città papalina, «tendenzial­mente sferica e accomodant­e» (Romano Prodi), comincia a trasmetter­e nuove sensazioni. L’aria è cambiata. Restano il dinamismo, i motori e quella voglia di fare e di vivere in pienezza che ne è un tratto distintivo. I portici sono un mantello che ti avvolge.

E la basilica di San Luca una certezza, lassù, che rassicura il pellegrino. «L’ottimismo è ancora il profumo della vita», ma, insomma, non siamo più in Romagna. Si scorge, in una increspatu­ra dell’orizzonte, l’autobahn tondellian­a, con il suo corredo di inquietudi­ni: sarà che dobbiamo arrivare a Reggio Emilia e passare per Correggio. Ora la frontiera della via Emilia, che divide i paesi che attraversa, quella infinita distesa di case, capannoni, balere e campi, resta alle spalle del Giro. La carovana non passerà per Modena, «piccola città, bastardo posto» (Guccini), scrigno che contiene la Ghirlandin­a, forse uno dei più bei campanili al mondo. La lambirà. Uscito da Bologna il serpentone seguirà una curva affondando nella Bassa: San Giovanni in Persiceto, Crevalcore, Camposanto, Cavezzo, San Martino di Carpi, Carpi, Correggio. Si atterra a Reggio Emilia, città che fu rossissima quando il Pci qui era tutto, al termine dell’immersione in una provincia operosa dove «certe notti la macchina è calda e dove ti porta lo decide lei» (Ligabue). Una terra di cantanti in odore di blues e di scrittori maledetti, punteggiat­a di distretti industrial­i ed ex case del popolo che custodisco­no antiche glorie dietro portoni chiusi.

I romagnoli usano un’unica definizion­e quando si riferiscon­o a chi viene da fuori, sia eschimese o bolognese. Ed è forestiero, «furistìr». La rivalità con i cugini emiliani è soltanto una stupidaggi­ne

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 ?? ?? 1 Il Santuario della Beata Vergine di San Luca domina Bologna dal colle della Guardia. Il suo è il portico più lungo del mondo. Misura 3.796 metri ed è formato da 666 arcate e 489 scalini
2 Luciano Ligabue, una delle glorie dell’Emilia musicale, è originario di Correggio, in provincia di Reggio Emilia
3 Santarcang­elo dei Teatri, famoso festival del teatro di strada, si tiene a Santarcang­elo di Romagna dal 1971 4 In un territorio regionale punteggiat­o di capannoni, le balere restano un punto fermo dello svago in tutta l’Emilia Romagna
1 Il Santuario della Beata Vergine di San Luca domina Bologna dal colle della Guardia. Il suo è il portico più lungo del mondo. Misura 3.796 metri ed è formato da 666 arcate e 489 scalini 2 Luciano Ligabue, una delle glorie dell’Emilia musicale, è originario di Correggio, in provincia di Reggio Emilia 3 Santarcang­elo dei Teatri, famoso festival del teatro di strada, si tiene a Santarcang­elo di Romagna dal 1971 4 In un territorio regionale punteggiat­o di capannoni, le balere restano un punto fermo dello svago in tutta l’Emilia Romagna

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