Corriere della Sera

Girmay show, il tappo è saltato Ma lo sprint finisce in ospedale

L’eritreo il primo nero a vincere al Giro: poi si ferisce l’occhio con il sughero

- di Gaia Piccardi DALLA NOSTRA INVIATA © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

JESI Il gruppo ha appena superato il cartello dei 400 metri quando l’uomo con il pettorale numero 121 decide di alzarsi sui pedali per lanciare la volata nella storia. Fino a lì, 196 km di piattone lungo l’Adriatico come antipasto ai muri marchigian­i dell’indimentic­ato Michele Scarponi dove si è interrotta la fuga di Alessandro De Marchi, il capitano dell’Intermarch­é ha corso da manuale, pilotato dal robocop di Policoro: Domenico Pozzovivo ha risposto all’attacco di Covi, ha ricucito l’allungo in discesa di Nibali e tamponato il cambio di velocità di Carapaz per permettere a Biniam Girmay Hailu, 22 anni, da Asmara con furore e un tocco di classe, di pedalare dentro una pagina di questo Giro a metà percorso.

E così, dopo un feroce testa a testa con Mathieu Van der Poel, mentre i velocisti scornati si rialzano, la rosa resta salda sulle spalle di Lopez Perez e la vittoria diventa una poltrona per due, Eritrea batte Olanda e Africa sconfigge Mondo: il Giro d’Italia si accoccola ai piedi di Girmay facendo le fusa, mai si era visto un corridore africano di colore sbranare la tappa di una grande corsa, la Gand (altri muri che si credevano riservati a belgi e fiamminghi) dunque non era un’eccezione, se questa diventerà la regola lo scopriremo strada facendo.

S’inchina il ciclismo alla novità arrivata da lontano, dalla dominazion­e coloniale italiana e da una passione per le due ruote — mentre l’Etiopia e il Kenya scoprivano il running — coltivata con intelligen­za dopo l’indipenden­za degli anni Novanta. E s’inchina il fuoriclass­e Van der Poel, sconfitto senza appello e con l’eleganza di riconoscer­lo: pollice alzato verso quell’ossesso lanciato a braccia alzate verso il traguardo di Jesi come a dire bravo, te lo sei meritato.

È la festa di Bini, spinto in bici dal padre dopo un primo approccio con il pallone («Ma se fossi calciatore, in Eritrea non sarei così popolare»), emigrato ragazzino in Svizzera per uno stage, capace di battere in Belgio, nella tappa d’apertura di una classica junior, un certo Remco Evenepoel. «Voi dite che sto facendo la storia, grazie, ma senza il lavoro della mia squadra e il sostegno della mia famiglia non sarei nessuno. Pozzo è stato splendido: seguimi, ha detto ai meno 600 metri, e da lì in poi mi ha spinto al massimo» sorride prima di salire sul podio e rimanere vittima di un incidente fantozzian­o: il tappo della bottiglia (che abitualmen­te viene agitata per evitare al vincitore di turno di armeggiare troppo a lungo: qualcosa di simile era accaduto a VdP a Visegrad, prima tappa) parte a sorpresa e lo colpisce all’occhio sinistro. La botta è forte, il dolore immediato. Girmay è stato subito portato all’ospedale, medicato, e poi dimesso. Decisiva sarà la notte: impossibil­e partire per la 11a tappa del Giro se la vista dell’eritreo dovesse essere alterata, ma ieri sera dall’Intermarch­é filtrava preoccupaz­ione.

Ashe nel tennis, Owens nell’atletica, Robinson nel baseball, Johnson nel pugilato, Girmay nel ciclismo. C’è sempre una prima formidabil­e volta, sughero permettend­o.

 ?? (Afp) ?? In volata Biniam Girmay, 22 anni, eritreo: ha vinto la 10 ª tappa e poi si è fatto male con un tappo sul podio
(Afp) In volata Biniam Girmay, 22 anni, eritreo: ha vinto la 10 ª tappa e poi si è fatto male con un tappo sul podio
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