Il sergente bambino confessa i crimini «Una messinscena»
Il soldato ha ammesso ai giudici di Kiev di aver ucciso due civili a sangue freddo. Per i russi sono frasi false Una vedova in aula: «Non si ammazza la gente così»
Imputato, si presenti. «Mi chiamo Vadim Shishimarin. Sono nato a Ust-Ilimsk. Sono sergente caposquadra della 4a divisione Kantemirovskaya». È sposato? «No». Ha figli? «No». Ha condanne precedenti? «No». È consapevole delle accuse di crimini di guerra e d’omicidio premeditato che le sono rivolte? «Sì». Come si dichiara? «Colpevole».
Nella piccola aula 14 tutta cristalli e acciaio del Tribunale di Solomiansky, alle 14 il sergente siberiano Vadim, un fisico minuto in una felpa troppo grande, rasato a zero e azzerato dai flash, sta seduto a testa bassa. S’alza solo quando i tre giudici gli danno la parola. E ne ha una sola: colpevole. D’aver partecipato allità: l’uccisione d’un allevatore di 60 anni, bruciato vivo, e subito dopo d’aver eliminato a freddo il pensionato Oleksandr Shelipov, 62 anni, che passava in bicicletta pochi metri in là e aveva avuto l’imprudenza di chiamare qualcuno al cellulare. «M’è stato ordinato di sparargli e gli ho sparato — si difende il sergente Shishimarin —. È caduto. Siamo andati oltre».
«È un ragazzino — è stupita Katerina, la vedova —, ma deve prendersi le responsabile persone non s’uccidono in quel modo».
Dopo tre mesi, e senza che s’intravveda una tregua, l’Ucraina accelera e porta in aula i russi che considera non solo prigionieri, ma anche criminali di guerra.
Per il sergente Shishimarin, il primo della lista, allestisce un processo simbolico: «Un segnale — spiega la procuratrice Iryna Venediktova —, perché nessuno pensi di sfuggire alle responsabilità».
«È un caso senza precedenti nella nostra giustizia — ammette l’avvocato d’ufficio, Viktor Ovsyannikov —, il mio assistito ha accettato di collaborare. Non è buono, né cattivo: è un ragazzo. Chiedo che i giudici ascoltino la legge, non i loro sentimenti».
Quando l’hanno catturato, i servizi ucraini hanno registrato la confessione di Shishimarin. Integrandola con le testimonianze:
il 28 febbraio a Chupakhivka, regione di Sumy, molti videro i carrarmati russi scontrarsi con l’esercito ucraino.
Sotto attacco, Shishimarin e altri quattro tentarono la fuga («volevamo chiedere aiuto»), rubando una Volkswagen bianca e uccidendo l’allevatore. Incrociato il pensionato in bici, eliminarono anche lui per paura d’essere denunciati. «Sciocchezze — è sprezzante il padre del sergente, Yevgeny —, la guerra è guerra e può succedere di tutto…».
A inchiodare Shishimarin, sarebbero le perizie balistiche sul suo Ak-74: il russo avrebbe mirato alla testa, da distanza ravvicinata, abbassando il finestrino dell’auto. «Ero in cortile — ha raccontato la vedova —, l’ho visto che puntava l’arma anche verso di me. Quando se n’è andato, mio marito era a terra fra due prugni».
Per il Cremlino, il processo di Kiev è una «messinscena inaccettabile, sono stati fabbricati molti falsi». Shishimarin rischia dai dieci anni di carcere all’ergastolo, ma non è detto che li sconti.
Molti prigionieri potrebbero entrare in un futuro scambio coi soldati di Azov, catturati nell’acciaieria: oggi andranno alla sbarra altri due militari russi accusati d’avere sparato su edifici civili a Kharkiv.
La procuratrice di Kiev anticipa che ci sono 10.700 dossier aperti, con almeno 600 sospettati.
Il governo ucraino punta molto sulla giustizia domestica e ha già pronto l’elenco: 700 denunce al giorno e 43mila casi segnalati, 200 stupri («ci sono adolescenti incinte») e un milione 300mila deportati in Russia, 4.500 palazzi civili distrutti… Dal Tribunale dell’Aja sono arrivati 42 investigatori, una task-force mai vista.
Occorrerà tempo, prima che s’aprano inchieste internazionali e indipendenti. Ma c’è un giudice, a Kiev. E ha molta fretta.
La procuratrice
È un segnale, perché nessuno deve pensare di sfuggire alle proprie responsabilità