La Ue: gas, ok ai pagamenti Eni Energia, piano da 300 miliardi
Gentiloni: le compagnie stanno saldando in euro. «L’uso di rubli è una violazione». Il nodo del doppio conto. Patto di Stabilità, intesa per la sospensione anche nel 2023
BRUXELLES La Commissione Ue ieri ha presentato il piano RePowerEu per ridurre rapidamente la dipendenza europea dai combustibili fossili russi, accelerando la transizione verde: «Mobiliteremo quasi 300 miliardi di euro, circa 72 miliardi in sovvenzioni e 225 miliardi in prestiti», ha detto la presidente Ursula von der Leyen. Ieri è stato presentato anche un nuovo piano di assistenza macrofinanziaria da 9 miliardi nel 2022 per aiutare a breve termine l’Ucraina.
Ma l’attenzione si è concentrata anche sull’annuncio dell’Eni di avere avviato l’apertura presso Gazprom Bank di due conto correnti, uno in euro e uno in rubli come preteso da Gazprom Export per continuare a fornire il gas. Eni ha precisato che considera saldato ogni impegno al momento del pagamento in euro. Alla domanda se l’apertura del conto in rubli rappresenti una violazione delle sanzioni contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina, il commissario all’Economia Paolo Gentiloni ha spiegato che «primo: i contratti sono denominati in euro o in dollari; secondo: le compagnie, tutte le compagnie, stanno pagando in euro o in dollari». Ha anche aggiunto che «se mi chiedessero “stanno pagando in rubli: questa è una violazione” naturalmente la risposta sarebbe diversa. Ma non è quello che sta succedendo con le compagnie europee». La stessa domanda è stata posta al vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermans: «Pagare il gas in rubli viola le sanzioni Ue, è molto semplice». Martedì il portavoce della Commissione Ue aveva detto che anche l’apertura del conto in rubli viola le sanzioni.
Il piano RePowerEu punta a raggiungere l’indipendenza dalle fonti fossili russe attraverso l’accelerazione sulle rinnovabili (è previsto uno snellimento dei processi autorizzativi) e sull’idrogeno verde, l’efficienza energetica, la diversificazione delle forniture (anche attraverso acquisti congiunti volontari). I costi stimati sono di 210 miliardi da qui al 2027. Non vengono previsti nuovi fondi fatta eccezione per 20 miliardi provenienti dalla vendita all’asta delle quote del sistema di scambio di emissioni (Ets). Il resto sono soldi già stanziati: vengono messi a disposizione i 225 miliardi di prestiti ancora non richiesti dagli Stati membri provenienti dalla Recovery and Resilience Facility, lo strumento principale di Next Generation Eu, da cui dipendono i Pnrr nazionali. In base al regolamento originario i Paesi Ue avevano tempo fino al 31 agosto 2023 per richiederli, invece ora le regole cambieranno e una volta adottate gli Stati membri avranno un mese per decidere. Quelli non usati torneranno a disposizione dei Paesi che ne faranno domanda. Gli altri soldi provengono, su base volontaria, dall’uso dei fondi di coesione (26,9 miliardi) e dal
Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (7,5 miliardi). L’Italia, che ha già chiesto tutti i prestiti del Pnrr, potrà accedere a quelli che non saranno usati dagli altri Paesi Ue oppure decidere di trasferire i fondi strutturali al Pnrr. L’obiettivo della Commissione non è riaprire i piani ma aggiungere dei capitoli di spesa. Per ridurre la dipendenza dalle importazioni dalla Russia l’Ue avrà bisogno di aumentare nei prossimi 5-10 anni l’energia prodotta con il nucleare e con il carbone. Inoltre vengono ammessi investimenti in infrastrutture legate al gas e al petrolio (in un’ottica di diversificazione delle forniture).
Il Collegio dei commissari ieri ha anche discusso del Patto di stabilità alla luce delle stime macroeconomiche di lunedì scorso: secondo alcuni Stati Ue non forniscono una giustificazione giuridica sufficiente per non ripristinare le regole. Ma i commissari hanno trovato un’intesa (non ancora formalizzata) e si va verso la sospensione del Patto anche per il 2023. L’annuncio è atteso lunedì.