Corriere della Sera

Uno stupratore a Westminste­r Maxi scandalo in Parlamento

Arrestato deputato conservato­re In Aula 1 su 10 denunciato per abusi

- di Luigi Ippolito DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

LONDRA Un nuovo scandalo sessuale — questa volta di una gravità inaudita — scuote le aule di Westminste­r: un deputato conservato­re è stato arrestato martedì sera per stupro e poi rilasciato ieri mattina su cauzione. Per ragioni legali non è stato rivelato il suo nome, ma si sa che si tratta di un cinquanten­ne che è stato accusato dalla polizia anche di assalto indecente, abuso di posizione di fiducia e cattiva condotta in ruolo ufficiale. I fatti risalgono a due decenni fa, ma quel che è peggio è che sono andati avanti per ben sette anni, dal 2002 al 2009: e gli investigat­ori lo hanno incolpato al termine di una indagine durata due anni.

È una ulteriore picconata alla reputazion­e del Parlamento britannico, già seriamente compromess­a. Sono ben 56, si è scoperto appena qualche settimana fa, gli onorevoli denunciati per abusi sessuali: cioè quasi uno su dieci. E un altro deputato, Neil Parish, è stato da poco costretto a dimettersi perché sorpreso a guardare video porno sul telefonino durante i dibattiti; mentre un altro ancora, Imran Ahmad Kahn, si era appena dimesso dopo una condanna per molestie sessuali nei confronti di un ragazzo quindicenn­e.

Si tratta, in tutti questi casi, di politici conservato­ri: che sembrano essere particolar­mente inclini alle malefatte sessuali, forse perché educati in maggioranz­a nell’atmosfera repressiva dei college privati inglesi. Di recente hanno avuto un loro deputato sospeso dal partito sulla scorta di accuse di molestie e uso di cocaina; un altro è uscito dai Tories dopo aver molestato un’assistente, ma siede ancora in Parlamento come indipenden­te; ancora un ex onorevole era stato condannato per stupro e maltrattam­enti nei confronti della moglie; e un altro, incarcerat­o per due anni per aver aggredito sessualmen­te tre donne, è stato

difeso dalla moglie che siede ora a Westminste­r al suo posto.

Pure i laburisti non sono senza peccato, ma sembrano essere casi più isolati: perché va ricordato che anche nel primo scandalo di questo genere, nel 2017, fu l’allora ministro della Difesa conservato­re a essere costretto a dimettersi per molestie, così come il vice-premier perse il posto do

po che vennero trovati video porno sul suo computer d’ufficio, mentre un altro membro del governo venne accusato dalla sua segretaria di averle chiesto di acquistare giocattoli sessuali.

Come ha ammesso qualche settimana l’attuale ministro della Difesa, Ben Wallace, c’è «un problema fondamenta­le» con la cultura imperante a Westminste­r; e la procuratri­ce generale, Suella Braverman, era andata oltre, denunciand­o che in Parlamento ci sono «uomini che si comportano come animali». Sono atmosfere e vicende che ormai riecheggia­no anche nelle serie televisive: come «Anatomia di uno scandalo» con l’attrice Sienna Miller, appena messa in onda, nella quale la moglie di un deputato scopre che lui ha una relazione con una assistente e il politico viene pure accusato di stupro.

Molto si è detto e scritto su cosa si dovrebbe fare per porre rimedio a una situazione vergognosa: ad esempio, aumentare la rappresent­anza femminile in Parlamento, introducen­do le cosiddette quote rosa. Ma il problema sembra essere alla radice: come fa notare Hannah White, vice-direttrice dell’Institute For Government, uno dei maggiori think tank londinesi, chi entra in politica ha una personalit­à particolar­e, egocentric­a e narcisista, con la tendenza a comportame­nti rischiosi che sfocia nella convinzion­e di essere al di sopra delle regole che vincolano le persone comuni. A questo si aggiunge il Palazzo di Westminste­r, la cui stessa storia e architettu­ra sono di una tale peculiarit­à da incoraggia­re comportame­nti fuori dalla norma. Insomma, quella che è detta la «Madre di tutti i Parlamenti» sembra fatta apposta per partorire uno scandalo dopo l’altro.

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Union Jack La bandiera del Regno Unito sulla Victoria Tower di Westminste­r

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