La spinta a Nordest della nuova Nato
L’ingresso della Finlandia e della Svezia nella Nato (Erdogan permettendo) ha prima di tutto un significato politico. Racconta al mondo sia la minacciosità di Putin sia il fallimento del suo tentativo di dividere l’Occidente. Ha però anche un notevole rilievo militare: Helsinki e Stoccolma apportano all’Alleanza due forze armate non da poco, moderne e organizzate. Secondo l’indice elaborato da Global Firepower, la Difesa finlandese è in posizione 53 su un totale di 142 Paesi valutati sulla base di oltre cinquanta criteri che considerano le capacità di difesa in terra, in cielo e in mare, gli equipaggiamenti, le finanze e la geografia (escluse le forze nucleari). La Svezia è in posizione 25 (l’Italia, per avere un riferimento, è al numero 11 della classifica). Se si entra più nel merito, si nota che i due Paesi che hanno chiesto questa settimana l’adesione alla Nato hanno alcuni punti di forza che arricchiranno parecchio la capacità di deterrenza convenzionale dell’Alleanza. In particolare, si ritiene che Helsinki possieda la migliore artiglieria d’Europa: 840 pezzi di diverso tipo che si confrontano con i 1.374 della Nato. In più, ha 200 tank e 2.090 mezzi corazzati che si aggiungeranno ai 1.515 carrarmati e agli 11.653 veicoli blindati dell’Alleanza. La Svezia, che a differenza della Finlandia non ha confini con la Russia, apporta meno alle forze di terra: 48 pezzi d’artiglieria, 121 tank, 3.371 mezzi corazzati. In compenso, sul mare è molto attrezzata: 161 vascelli da perlustrazione, sette corvette (contro nove della Nato), cinque sottomarini (22). Il personale attivo nella Difesa non è molto: 12 mila in Finlandia e 16 mila in Svezia ma circa tre quarti dei maschi finlandesi terminano il servizio militare e poi entrano nella riserva stimata in circa 930 mila persone. La Difesa aerea di Helsinki dispone di 192 aeromobili, quella di Stoccolma di 204, entrambe per lo più di interdizione: si paragonano ai 2.074 aerei della Nato. La Finlandia e la Svezia porteranno poi agli alleati la loro esperienza lunghissima, più che centenaria, di intelligence militare nell’osservazione e nello studio della Russia. È evidente che ora il focus dell’Alleanza in Europa si sposta ancora di più verso Nordest e richiederà all’Italia uno sforzo supplementare considerevole per non scoprire i fianchi Sud e Sudest.