«Le vele scarlatte», la favola di Marcello tra solidarietà e amore
Servono ancora le favole oggi? La risposta di Pietro Marcello è assolutamente sì e Le vele scarlatte (scelto per inaugurare a Cannes la Quinzaine des Réalisateurs) vuole dimostrarlo. Partendo dal romanzo omonimo di Aleksandr Grin (pubblicato nel 1923), il regista e i suoi cosceneggiatori Maurizio Braucci e Maud Ameline hanno trasportato la storia di un reduce della prima guerra mondiale nella Picardia francese: Raphaël (Raphaël Thiérry) non trova più la moglie, che scoprirà morta dopo uno stupro, ma una figlia allevata da una donna (Noémie Lvovsky) caduta in disgrazia. Ma soprattutto trova l’ostilità di un paese che non ha condannato lo stupro e però mal sopporta uno straniero. Eppure questa strana famiglia allargata (con loro vivono anche un fabbro e la moglie) diventa una specie di gruppo solidale, capace di resistere mentre la piccola Juliette (che superata l’adolescenza avrà la grazia di Juliette Jouan) cresce e si confronta con la vita. Questo percorso Marcello lo racconta passando da un’iniziale ricostruzione «storica» a una commedia dalle leggerezze musicali, dove cresce la forza metaforica. Così come l’incontro con l’«uomo nuovo» — uno spericolato aviatore (Louis Garrel) che potrebbe essere il principe azzurro che viene a liberare Juliette — finisce invece per dimostrare la maggiore maturità e autonomia femminile. Grazie anche a una fotografia cristallina (di Marco Graziaplena) quello che poteva essere il quadro di una miseria morale e materiale sfuma ogni connotazione realistica per diventare il ritratto — vero ma insieme ideale — di un possibile Sud del mondo, fatto di solidarietà e rifiuto di ogni autoritarismo, del bisogno di dare e ricevere affetto, lontano dalla cultura della sopraffazione che invece non smette di imporre la sua violenza (col figlio del barista che ripete i comportamenti del padre). Senza prediche ma affidando alle callose manone di Raphaël o alla poesia L’Hirondelle della comunarda Louise Michel il compito di trasmettere un «messaggio» che vuole essere soprattutto di solidarietà e di amore, in attesa che le «vele scarlatte» del titolo arrivino per portare chi lo merita in un mondo migliore.