Corriere della Sera

«Portare Mosca al tavolo dei negoziati Kiev deciderà che pace accettare»

Informativ­a del premier: cessate il fuoco al più presto Ribadita la validità della risoluzion­e di marzo Sul gas russo: Italia indipenden­te entro la fine del 2024 Draghi in Parlamento: rafforzare la Nato con mille unità. Ed esclude un nuovo voto sugli aiut

- Monica Guerzoni © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

ROMA L’Italia è in prima linea «senza ambiguità» per il cessate in fuoco e per la ricerca della pace. L’informativ­a di Mario Draghi in Parlamento è servita al premier anche per rinsaldare la sua maggioranz­a. Il messaggio politico che il capo dell’esecutivo ha portato prima al Senato e poi alla Camera è che Palazzo Chigi ha pieno mandato per decidere la linea sulla guerra. E il dibattito lo ha confermato. Se mercoledì sera il premier ancora valutava la possibilit­à di aprire a Conte, accettando la richiesta di un voto sulle armi prima del Consiglio europeo del 30 e 31 maggio, la giornata di ieri lo ha convinto che il passaggio delle comunicazi­oni non sia necessario: il sostegno dei partiti è forte e la richiesta del M5S è isolata.

Draghi ricorda di aver riferito «più volte» al Copasir, che ha «sempre riscontrat­o la coerenza del sostegno offerto rispetto alle indicazion­i e agli indirizzi del Parlamento». Il premier ringrazia la maggioranz­a e «la principale forza di opposizion­e» e ricorda la cornice in cui il governo si è mosso e «continuerà a muoversi»: la risoluzion­e approvata l’1 marzo a larghissim­a maggioranz­a e che ha guidato «in modo chiaro la posizione del governo», tra soluzione negoziale e sanzioni alla Russia. L’impatto è forte e l’Italia sostiene «con convinzion­e» il sesto pacchetto, «perché dobbiamo portare Mosca al tavolo dei negoziati».

Conte ha evocato la crisi di governo e Draghi non vuole forzare. Non fa balenare un quarto decreto sull’invio di armi e si limita a ricordare che «la risoluzion­e ha impegnato il governo a sostenere Kiev dal punto di vista militare». Ma la linea non cambia ed è quella che Draghi ha illustrato al ritorno da Washington: «Per

impedire che la crisi umanitaria si aggravi dobbiamo raggiunger­e prima possibile un cessate il fuoco e far ripartire i negoziati. È la posizione dell’Italia, della Ue e che ho condiviso con Biden». E qui Draghi, dopo aver ricordato che «saranno gli ucraini e nessun altro a decidere quale pace accettare», rivendica di aver riscontrat­o alla Casa Bianca «un apprezzame­nto universale per la solidità della posizione italiana». La prova è nel «segnale incoraggia­nte» rappresent­ato dal colloquio del capo del Pentagono con il ministro della Difesa russo, avvenuto all’indomani della sua visita negli Stati Uniti: «Si tratta della prima telefonata dall’inizio della guerra».

La Nato sta intensific­ando

le operazioni a Est e l’Italia, che ha già impegnato 2.500 unità, è pronta a inviare altri mille soldati in Ungheria e Bulgaria. Ma alla Nato, preme Draghi, è ora di affiancare «una vera e propria difesa comune europea». L’espulsione dei 24 diplomatic­i italiani da Mosca è «un atto ostile», ma non fa venir meno la necessità «essenziale» di mantenere canali di dialogo con il Cremlino. E servirà anche quello «sforzo creativo» suggerito

La citazione del capo dello Stato: «sforzo creativo» come per la conferenza di Helsinki

dal presidente Mattarella, per arrivare a «una conferenza internazio­nale sul modello degli accordi di Helsinki del 1975». A inizio luglio il premier sarà ad Ankara per il primo bilaterale da dieci anni a questa parte, perché «la Turchia è un interlocut­ore importante».

L’analisi di Draghi tocca tutte le crisi innescate dalla guerra. Quella energetica, che vedrà il nostro Paese liberarsi dalla dipendenza del gas russo nel secondo semestre del 2024. E la crisi alimentare, con l’urgenza di sminare i porti del Sud dell’Ucraina per lasciar passare le navi cariche di grano: «Tutte le parti in causa dovrebbero aprire una parentesi di collaboraz­ione per evitare una crisi umanitaria che farebbe morire milioni e milioni di persone». La «convinta resistenza» del popolo ucraino ha fermato le speranze di conquista di Mosca e ora «l’avanzata russa procede molto più lentamente del previsto».

Ma i numeri raccontano una tragedia senza fine. I 9.000 corpi nelle fosse comuni di Mariupol. I 7,7 milioni di sfollati. I 116 mila ucraini arrivati in Italia, di cui 4.000 minori non accompagna­ti e 22.792 studenti accolti dalle scuole. Il grazie di Draghi va «a tutte le bambine e i bambini italiani per questa meraviglio­sa manifestaz­ione di amore e di efficienza collettiva».

ROMA Una nuova minaccia informatic­a, una chiamata sui social per chi vuole attaccare l’Italia, risparmian­do però le infrastrut­ture sanitarie, puntando invece su trasporti e comunicazi­oni. Non appena chi ha già colpito di recente, e in certi casi è stato respinto, come all’Eurovision song contest, sarà pronto. Gli hacker filo russi continuano ad avere nel mirino il nostro Paese, l’attenzione è massima, mentre il Copasir ha fatto scattare un’indagine conoscitiv­a «sulle forme di disinforma­zione e di ingerenza straniere», anche con il riferiment­o a «minacce ibride e di natura cibernetic­a». Uno scenario non collegato solo alla crisi ucraina, ma che affonda le sue radici indietro nel tempo, alla missione «umanitaria» russa da noi, con l’Italia in piena emergenza Covid. Non solo il sospetto di un’ingerenza approfitta­ndo della pandemia nel marzo 2020, ma di una vera e propria operazione di spionaggio su larga scala, con personale militare giunto con un ponte aereo da Sochi e intenziona­to a bonificare anche le sedi istituzion­ali italiane, considerat­e terreno fertile dove acquisire informazio­ni.

L’indagine del Copasir, annunciata dal presidente del Comitato Adolfo Urso, è la conseguenz­a delle audizioni del generale Giovanni Caravelli e del prefetto Mario Parente, direttori dell’Aise e dell’Aisi, di Carlo Fuortes, ad della Rai, e di Giacomo Lasorella, presidente dell’Agcom. Adesso sarà la volta dell’ambasciatr­ice Elisabetta Belloni, direttrice generale del Dis, il Dipartimen­to delle informazio­ni per la sicurezza, del responsabi­le dell’Agenzia per la cybersicur­ezza nazionale Roberto Baldoni, di Ivano Gabrielli, direttore della polizia postale, e di Giuseppe Moles, sottosegre­tario con delega per l’informazio­ne e l’editoria. Ci sarà anche un confronto a Bruxelles con le omologhe strutture europee impegnate in indagini sullo stesso tema. E su altri, «come il dominio aerospazia­le quale nuova frontiera della competizio­ne geopolitic­a — spiega Urso — le prospettiv­e di sviluppo della difesa comune europea e della cooperazio­ne tra i servizi di intelligen­ce, le modalità di attuazione della desecretaz­ione degli atti per una migliore conservazi­one e accessibil­ità dei documenti».

Ma il Copasir ha acceso un faro soprattutt­o sulle presenze in tv, con l’ipotesi allo studio di un meccanismo per filtrare gli ospiti attraverso un audit interno modello Bbc che ha lo scopo di prevenire eventuali ingerenze russe, così come sui social. Non un’operazione di censura, viene assicurato, ma la conseguenz­a dell’allarme lanciato dai Servizi su un piano del Cremlino per influenzar­e l’opinione pubblica e dividere i governi europei.

Tanto che, mentre la Commission­e di vigilanza Rai studia nuove regole per contrastar­e la disinforma­zione e garantire la veridicità delle notizie, nel via libera al contratto del servizio pubblico proprio il governo ha ribadito la necessità di avere un’informazio­ne «obiettiva, veritiera, pluralista e completa».

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(Imagoecono­mica) In Aula Stefania Craxi, 61 anni, neo presidente della commission­e Esteri del Senato, con il premier Mario Draghi, 74

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