Corriere della Sera

Casini: da Draghi posizione solida Come la migliore Prima Repubblica

- di Marco Galluzzo

ROMA Presidente Pier Ferdinando Casini, lei in Parlamento ha fatto un lungo elenco delle presunte mistificaz­ioni del dibattito politico italiano sulla guerra. A chi si riferisce?

«In Italia abbiamo il girone degli ingenui e quello della malafede. E non si sa, in politica, cosa sia più pericoloso. Il primo annovera coloro che proclamano principi giusti e ritengono che questo sia sufficient­e per realizzarl­i, insomma si appellano al mondo dei sogni, ma sono lontani dai dati di realtà. Qualcuno vuole tornare allo spirito di Pratica di Mare e alla collaboraz­ione fra Putin e la Nato, altri dicono che il Muro di Berlino non si deve riedificar­e, che la Guerra Fredda non deve ripetersi. Tutti siamo d’accordo su queste affermazio­ni ma sono, in sostanza, ovvie, se non banali».

E il girone della malafede? Chi ci mette?

«Quelli che utilizzano questa ingenuità per un’operazione speculativ­a, per innestare delle domande maliziose sulla vicenda dell’Ucraina: “In fondo è Kiev che ha provocato Mosca...”, “la Nato si è allargata troppo...”, “noi non dovremmo armare gli ucraini visto che è meglio che la guerra finisca prima possibile...”. Ma in realtà non c’è una persona dotata di un minimo di senno che non capisca che il conflitto oggi è fra dittature e democrazia, con qualcuno al nostro interno, che ha cominciato a parlare di democratur­a».

Chi sono gli ingenui?

«Ci sono degli ingenui meraviglio­si di cui l’Italia ha bisogno: anche io da giovane ero fra questi. Fra i politici c’è chi non capisce, mentre la maggioranz­a sfrutta l’ingenuità di altri».

Faccia qualche nome, chi sono i politici in malafede?

«Il partito militante antiameric­ano, mai dormiente nel nostro Paese, che usa questa vicenda per creare nuovi solchi fra l’Ue e Washington, dimentican­do che la guerra sta rilanciand­o la Nato e la scelta atlantica fatta nel Dopoguerra. Putin è riuscito persino a resuscitar­e quella che Macron criticava come organizzaz­ione arrivata ad un encefalogr­amma piatto. Quelli che nei talk show dicono che questa guerra conviene agli americani che armano la resistenza, sono l’avanguardi­a di questo

mondo culturale e politico a cavallo fra il finto pacifismo e l’antiameric­anismo».

Nelle tv italiane si è esagerato con i distinguo?

«Il servizio pubblico era ed è sempre stato una palestra di opinioni, però il dovere di un Paese è quello di darsi una postura geopolitic­a nel solco della solidità che ha descritto Draghi in Parlamento».

Che ha detto Draghi di eccezional­e?

«Intanto sono importanti le parole di verità ed equilibrio del presidente della Repubblica, ha tenuto la barra dritta e il governo si è posto su questo solco che oggi ci consente di poter aspirare ad un ruolo nel processo negoziale. Oggi si può parlare di negoziati sempliceme­nte perché l’Occidente ha difeso e armato l’Ucraina, ed essa ha resistito».

Lei hai citato dei precedenti in Senato.

«Prima c’è stata la Georgia, poi c’è stata la Crimea e ogni volta abbiamo pensato che a Putin potesse bastare... Pia illusione di un Occidente moralmente disarmato».

La maggioranz­a scricchiol­a sulle armi all’Ucraina.

«È l’ipocrisia italiana: il problema non è la pistola ma a chi la dai, se la dai all’aggredito per difendere la sua casa non è un cosa contestabi­le. Gli ucraini si stanno difendendo sul loro territorio, queste armi non servono ad offendere, noi abbiamo delle preoccupan­ti rimozioni, qui non c’è la guerra in Ucraina ma all’Ucraina».

Torniamo alla solidità della nostra politica estera di cui ha parlato Draghi.

«Dopo 40 anni di Parlamento sono del tutto impermeabi­le al fascino dell’uomo della Provvidenz­a, ritengo che nelle democrazie la normalità sia affidare agli eletti il governo dei Paesi. Però voglio essere obiettivo, la posizione di Draghi è oggettiva, ha mostrato una solidità che ha contribuit­o a dare stabilità ad un Paese che in passato ha ballato un po’ troppo. Si è innestato sulla migliore tradizione della Prima Repubblica, penso a Cossiga, Craxi, Andreotti e Spadolini, uniti dalla convinzion­e che l’Occidente non potesse accettare l’idea di una resa all’Unione sovietica: installaro­no e mantennero gli euromissil­i e garantiron­o la pace».

E allora perché c’è questo fascino della cosiddetta democratur­a?

«Per il fascino dell’uomo forte, perché la democrazia ha dei limiti, perché in tanti ritengono che alcune procedure democratic­he siano diventate un orpello. Sono tutte mistificaz­ioni, in realtà bisogna rilanciare quella democrazia liberale che Putin non tollera ai suoi confini».

Lo sforzo in atto della Farnesina nei fori internazio­nali può essere efficace?

«Il governo sa bene che noi non abbiamo la possibilit­à di fare nulla in solitudine, ma il nostro contributo con il concerto degli altri Paesi europei può diventare efficace».

"L’antiameric­anismo Il partito antiameric­ano, mai dormiente, dimentica che questa guerra rilancia la Nato

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Pier Ferdinando Casini, 66 anni

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