Si inabissa un rimorchiatore Cinque morti nell’Adriatico
Dodici superstiti. Salvo il comandante: «Ho visto cadere in mare i miei compagni»
BARI Diciassette uomini su due imbarcazioni diverse, agganciate l’una all’altra da cavi robusti, che combattono di notte contro la furia del vento e delle onde. Cinque uomini che precipitano in mare e muoiono — tre finora i cadaveri recuperati — e gli altri 12 che riescono a salvarsi. Al largo delle coste italiane e albanesi, in quel tratto di mare tra i più profondi e difficili dell’Adriatico, l’altra sera c’è stata una lotta tremenda tra la vita e la morte che è durata fin oltre la mezzanotte, quando i 12 naufraghi superstiti rimasti sul pontone in balia delle onde sono riusciti a dare l’allarme e a far scattare i soccorsi.
Il rimorchiatore «Franco P.», salpato da Ancona e diretto a Durazzo, alle 21 di martedì
è improvvisamente colato a picco. Il rimorchiatore, sul quale viaggiava un equipaggio di sei uomini, trainava un pontone con undici persone a bordo, le maestranze che avrebbero dovuto lavorare sulla stessa chiatta una volta giunti nella baia di Durazzo. Il mare forza 5 si abbatteva con onde alte anche tre metri sulle due imbarcazioni e il vento forte le sballottava in tutte le direzioni. Ma nessuno ha capito come mai all’improvviso il rimorchiatore abbia cominciato ad affondare rapidamente, trascinando con sé il pontone. Tutti gli uomini a bordo hanno, però, subito intuìto che per salvare la pelle dovevano immediatamente recidere i cavi che tenevano agganciate le due imbarcazioni. E questo hanno fatto, tutti insieme, da una parte e dall’altra, con la forza della disperazione. Ma cinque uomini dell’equipaggio del rimorchiatore inabissatosi — due pugliesi, due marchigiani e un tunisino — non ce l’hanno fatta. Di nessuno di loro si conosce il nome. Dei due «dispersi» si sa soltanto che uno è marchigiano e l’altro tunisino. Mentre l’unico superstite del «Franco P.» è il comandante, Giuseppe Petralia, 63 anni, di Catania, ricoverato all’ospedale «Di Venere». Petralia è in buone condizioni fisiche, ma è psicologicamente molto provato. «Non voglio ricordare niente — ci ha detto quando siamo andati a trovarlo —. Dove sono i miei compagni? Li ho visti cadere in maper re… Mi faccia riposare per favore, non riesco a parlare di questo, sono distrutto».
L’ammiraglio Vincenzo Leone della Guardia Costiera di Bari, le cui motovedette assieme a quelle croate hanno prestato i soccorsi, ha tenuto i contatti con i familiari dei naufraghi, precipitatisi alla Direzione marittima del porto per avere notizie sui propri cari. I familiari delle due vittime pugliesi a bordo del «Franco P.» sono stati ovviamente i primi ad arrivare e anche i primi a sapere della sorte dei loro congiunti. Leone ha rassicurato tutti gli altri, anche per telefono, sul buon andamento delle operazioni di soccorso dei superstiti e ha detto che sarebbero sbarcati a Bari in tarda serata. Però, dice l’ammiraglio, «un naufragio così in tutta la mia carriera non mi è mai capitato di vederlo». Saranno adesso le due inchieste a chiarire le cose, quella della Procura di Bari e quella amministrativa della Guardia Costiera. Intanto i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato oggi quattro ore di sciopero nazionale del settore rimorchio «perché non si può continuare a morire sul lavoro per il lavoro», mentre alle 13 in tutti i porti d’Italia per lo stesso motivo le sirene dei rimorchiatori faranno sentire il loro suono di protesta.
Il pontone
Gli uomini a bordo della chiatta trainata hanno dovuto tranciare i cavi per non sprofondare