IN PIAZZA FONTANA NON ESPLOSE UNA CALDAIA
Caro Aldo
«Esterno notte» è un altro film sugli anni Settanta, ancora una volta diretto da un regista coi capelli bianchi, perché chi ha 30 anni oggi non sa più niente di quell’epoca, il regista appartiene alla generazione che si è abbeverata politicamente nel periodo della contrapposizione tra Dc (e socialisti) e comunisti. Tra chi campava grazie agli aiuti atlantici e chi grazie a quelli moscoviti. In questa cornice in Italia avvenne di tutto. Forse non sapremo mai la verità di tante vicende, ma sono fioccate tante ricostruzioni fantasiose alla ricerca di complottisti, cattivoni a stelle e strisce, servizi segreti «deviati», politici corrotti, tutti da una parte, mentre l’altra aveva legami con Mosca e aveva compagni che sbagliavano.
Ivo Cozur
Caro Ivo,
Non ho ancora visto «Esterno notte». Il critico del Corriere Paolo Mereghetti ne ha scritto positivamente, e possiamo fidarci. Marco Giusti su Dagospia lo definisce il più bel film italiano dell’anno. Ma anche se fosse brutto — e non credo lo sia —, varrebbe comunque la pena affrontare ancora quegli anni. I giovani, mi creda signor Cozur, non ne sanno molto. E dopo il tempo dei «complottisti», come li definisce lei, ora sembra venire il tempo dei negazionisti. Di questo passo finiremo per tornare a dire che in piazza Fontana esplose una caldaia. Ricordo una conversazione con un amico polacco, un imprenditore visceralmente e giustamente anticomunista, che diceva più o meno: «Voi italiani avete avuto una storia terribile. Noi vivevamo sotto il giogo sovietico, certo. Eravamo molto più poveri. Non potevamo votare. Ma da noi non esplodevano bombe sui treni, nelle piazze, nella banche. Non si ammazzavano poliziotti, magistrati, giornalisti per strada». In realtà, anche in Polonia — senza tornare al tempo delle persecuzioni staliniane — si poteva morire per un delitto politico, come accadde a padre Popieluszko. Ed è ovvio che il paragone tra una dittatura comunista e una democrazia occidentale è impossibile. Resta il fatto che di questa «storia terribile» noi non abbiamo piena consapevolezza. È chiaro che le bombe non le metteva il governo, cioè la Democrazia cristiana. Ma la strategia della tensione fu concepita e resa possibile da apparati dello Stato, che utilizzarono i fascisti — e forse, prima di piazza Fontana, gli stessi anarchici — e li protessero, depistando le indagini. Questo ci dicono le sentenze. O sono complottisti anche i magistrati?