Serebrennikov: io in esilio ma non boicottate i russi
«Ho rotto un tabù raccontando l’omosessualità di Ciaicovskij»
CANNES Ebreo, omosessuale e di madre ucraina. Kirill Serebrennikov è il nemico perfetto per Putin. Che il regista russo non cita mai. Ma adesso che è libero, parla chiaro e forte: «La Russia si sta autodistruggendo, una catastrofe totale, l’invasione è il risultato di una terribile propaganda».
Dice che «il governo del mio paese finanzia film col veleno della propaganda. Al mio lavoro, girato prima della guerra, non avrebbero dato un rublo. Avrebbero detto che è una provocazione che mira a distruggere l’immagine di un grande compositore russo».
A Cannes porta La moglie di Ciaicovskij: «Non mi interessava raccontare un genio ma una persona. Lui è un oggetto non identificato: tutto il mondo lo conosce ma nessuno sa nulla di lui». Sebrennikov è il dissidente di Mosca è andato in esilio a Berlino. «Hanno fatto di tutto per mandarmi via, stanno chiudendo il mio teatro…Mi hanno convocato in tribunale, poi mi hanno permesso di lasciare la Russia. Ora posso esprimere la mia compassione. La guerra è un suicidio per Mosca». Lo avevano accusato di frode, messo agli arresti domiciliari, per due volte gli vietarono Cannes.
È uno dei simboli della resistenza a Putin: «Questo è il vostro sogno, non sono un cliché. Amo i russi, ma in molti sostengono le uccisioni che talvolta mi sembrano auto uccisioni. Gli artisti sono nel dilemma se parlare o meno. Ma provate a immaginare se la polizia viene a bussarvi e vi arresta. Cosa fate? La cultura russa è anti militarista. Non si possono boicottare Tolstoj. Dostoevskij o Ciaicovskij».
Eccoci al film. «Mettiti un abito nero per la nostra foto ritratto», dice lui alla moglie. Il matrimonio lo vive come un lutto, una volgare commedia. Antonina sarà il suo cigno nero. Ha messo in scena quella farsa «per mettere a tacere le voci sulla sua omosessualità. Nella Russia dell’800, che è difficile ricostruire essendo stata distrutta dalla Rivoluzione, la discriminazione era più brutale, ma è strano parlarne nel 2021…Hanno promulgato leggi con gay e pedofili in un unico calderone. Automaticamente, sei fuori legge».
La storia del matrimonio lampo di Petr Iljic Ciaicovskij (Odin Biron) con Antonina Miliukova, (Alena Mikhailova) durato qualche settimana, è un corto circuito che nel 1970 già accese la fantasia sovraccarica di Ken Russell.
Lei voleva un marito. Lui voleva un matrimonio: non una moglie. Antonina: «Fai quello che vuoi di me». Petr: «Ma io non voglio nulla». Cerca di dissuaderla, «sono vecchio per te». Aveva 37 anni, lei 28. La spunta. Però è ambigua, forse era a caccia di un marito chicchessia, vuole iscriversi al Conservatorio ma non sapeva nulla di Ciaicovskij. «Vuole sposare un uomo importante». Comincia il martirio spirituale, brancolando nell’intimità dice che ha bisogno di tempo per abituarsi; perde il controllo, l’abbandona, «più si vuole legare a me, più è repellente». Gli amici temono che interferisca con la creatività di un artista che mette se stesso in ogni nota, il suo dolore, i suoi tormenti. La signora Ciaicovskij, aggrappata a un inganno, devastata dal rifiuto del marito, finirà in un manicomio.