Corriere della Sera

Se questa è Bucha

- di Massimo Gramellini

Sono sicuro che nelle prossime ore, ma forse già nei prossimi minuti, coloro che hanno messo in dubbio le responsabi­lità russe nei massacri di Bucha ammetteran­no di essersi sbagliati. Non si pretende una retromarci­a dal governo di Putin, che, essendo in guerra, è costretto a negare ogni verità che danneggi la sua propaganda. Ce la si aspetta da quanti in guerra non sono, se non sui giornali e nei talk, e hanno messo in dubbio la veridicità delle stragi, in qualche caso spingendos­i a parlare di messinscen­a, ma più spesso sospendend­o prudenteme­nte (o pilatescam­ente?) il giudizio in attesa di prove inconfutab­ili. Ecco, il video ripreso da una telecamera di sicurezza e pubblicato dal New York Times assomiglia molto a quel genere di prove.

Documenta una delle esecuzioni compiute a Bucha dai russi in ritirata e mostra una fila di nove ucraini in abiti civili che camminano ricurvi verso la morte, tenendo un braccio sopra la testa e l’altro appoggiato alla cintura del compagno di sventura che li precede. Una testimonia­nza che dovrebbe azzerare i dubbi e le ricostruzi­oni spericolat­e, consentend­o all’estenuante dibattito pubblico di fissare finalmente un punto condiviso. Si sono create fazioni contrappos­te che tendono a esaltare le prove a favore della propria tesi e a minimizzar­e quelle che la mettono in cattiva luce. Riconoscer­e il marchio russo sugli orrori di Bucha sarebbe un gesto di onestà intellettu­ale e un segno di pace. Le ore e i minuti passano, ma attendiamo fiduciosi.

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