Se questa è Bucha
Sono sicuro che nelle prossime ore, ma forse già nei prossimi minuti, coloro che hanno messo in dubbio le responsabilità russe nei massacri di Bucha ammetteranno di essersi sbagliati. Non si pretende una retromarcia dal governo di Putin, che, essendo in guerra, è costretto a negare ogni verità che danneggi la sua propaganda. Ce la si aspetta da quanti in guerra non sono, se non sui giornali e nei talk, e hanno messo in dubbio la veridicità delle stragi, in qualche caso spingendosi a parlare di messinscena, ma più spesso sospendendo prudentemente (o pilatescamente?) il giudizio in attesa di prove inconfutabili. Ecco, il video ripreso da una telecamera di sicurezza e pubblicato dal New York Times assomiglia molto a quel genere di prove.
Documenta una delle esecuzioni compiute a Bucha dai russi in ritirata e mostra una fila di nove ucraini in abiti civili che camminano ricurvi verso la morte, tenendo un braccio sopra la testa e l’altro appoggiato alla cintura del compagno di sventura che li precede. Una testimonianza che dovrebbe azzerare i dubbi e le ricostruzioni spericolate, consentendo all’estenuante dibattito pubblico di fissare finalmente un punto condiviso. Si sono create fazioni contrapposte che tendono a esaltare le prove a favore della propria tesi e a minimizzare quelle che la mettono in cattiva luce. Riconoscere il marchio russo sugli orrori di Bucha sarebbe un gesto di onestà intellettuale e un segno di pace. Le ore e i minuti passano, ma attendiamo fiduciosi.