Corriere della Sera

I TIMORI AMERICANI

L’alta inflazione, a cui contribuis­ce il costo dell’energia, intacca il potere d’acquisto delle famiglie e i conti delle imprese. La caduta di Wall Street non rassicura

- di Federico Rampini

Davvero l’America ci guadagna in questo conflitto? È una teoria cara ai putiniani d’Italia. La presentano come una certezza: gli Stati Uniti starebbero lucrando vantaggi dalla guerra, ragion per cui hanno interesse a farla durare il più a lungo possibile. Il fatto che gli indici delle Borse Usa stiano precipitan­do da quando è iniziata l’aggression­e russa all’Ucraina dovrebbe insinuare il dubbio. Se davvero questa guerra fosse un affare per l’economia americana, la notizia non sarebbe sfuggita agli investitor­i. Proprio quelli che hanno il polso del mercato americano, sono in preda al pessimismo.

L’unico appiglio concreto per la teoria di cui sopra sono le vendite di gas e di armi. Per questi due settori è utile un confronto con la realtà. L’America è una superpoten­za energetica, da anni è autosuffic­iente ed esporta vari tipi di idrocarbur­i. L’industria del gas americana non aveva bisogno della guerra in Ucraina. L’anno scorso stava già esportando ai massimi, soprattutt­o verso Cina e Giappone. Ora dirotta una parte di quelle vendite verso l’Europa, non in misura enorme perché il Vecchio Continente ha pochi rigassific­atori per trasformar­e il gas liquido trasportat­o dalle navi cisterna.

Inoltre l’industria gasifera non aumenta più di tanto la sua produzione, dato che Joe Biden sotto la pressione degli ambientali­sti è restìo a concedere nuovi permessi di estrazione. I profitti per l’industria del gas e del petrolio sono abbondanti senza dubbio. Ma l’America non è un petro-Stato come la Russia, non ha un’economia basata prevalente­mente sulla vendita di energia. Il peso di questo settore è limitato, si è rimpicciol­ito rispetto ai tempi in cui George W. Bush lanciò la guerra in Iraq, e continua a decrescere. Dato emblematic­o: la più grande delle compagnie petrolifer­e americane, Exxon Mobil, è stata cancellata dall’indice di Borsa Dow Jones nel 2020 perché la sua capitalizz­azione è troppo piccola. È un nanerottol­o rispetto ai poteri forti del capitalism­o Usa, quasi tutti nel settore Big Tech, tutti consumator­i di energia, non produttori. Perfino la finanza si decarboniz­za, banche e fondi d’investimen­to disinvesto­no dall’energia fossile e investono nelle rinnovabil­i. Il rialzo del prezzo del gas beneficia i bilanci di una porzione minuscola dell’economia americana mentre danneggia tutto il resto, imprese e consumator­i. L’inflazione penalizza anche la popolarità di Biden.

In quanto alle armi che purtroppo si vendono in ogni guerra, non sono solo made in Usa visto che tra i massimi produttori sul mercato globale figurano Russia, Cina, Francia, Germania, Italia e altri. Per la parte americana, ieri ha fatto notizia l’approvazio­ne di un pacchetto di aiuti per l’Ucraina da parte del Congresso di Washington. Il valore è di 40 miliardi di dollari, e con questi sale a 54 miliardi il totale versato dagli Stati Uniti all’Ucraina dall’inizio del conflitto. Quasi metà sono aiuti economici, il resto armi. Per avere un senso delle proporzion­i, può essere utile paragonare la «legge proUcraina» alle altre manovre di spesa recenti.

Per esempio i 5.000 miliardi di aiuti alle famiglie e alle imprese americane per la pandemia. Oppure i 2.000 miliardi di investimen­ti in infrastrut­ture varati da Biden. Al confronto la spesa militare per l’Ucraina è un’inezia che non lascia traccia nell’economia più ricca del mondo.

Quest’ultima non scoppia di salute «grazie alla guerra», anzi. L’alta inflazione, a cui contribuis­ce il costo dell’energia in rialzo anche sul mercato domestico, intacca il potere d’acquisto delle famiglie e i conti delle imprese. Il dollaro forte (moneta rifugio nelle crisi) penalizza le esportazio­ni. I timori di recessione crescono. La caduta di Wall Street conferma che l’America stava meglio prima di questa guerra e farebbe volentieri a meno delle sue ripercussi­oni.

Altra cosa è lo scenario geopolitic­o di lungo periodo, il fatto che gli Stati Uniti incassano — forse, Ungheria, Turchia e Italia permettend­o — una maggiore coesione dell’Occidente. Qui si entra però in una sfera diversa, e dove comunque il guadagno americano è solo la conseguenz­a di un errore strategico di Putin.

Meno di un anno fa, la ritirata americana da Kabul — avvenuta in circostanz­e così drammatich­e da far parlare di una débâcle — indicava al mondo intero la dottrina Biden: quest’America non ha i mezzi per fare il gendarme del mondo, deve concentrar­si sull’unica sfida che conta (con la Cina), disimpegna­rsi da altre responsabi­lità. L’aggression­e russa all’Ucraina ha creato un’opportunit­à, coerente con quell’obiettivo: rinsaldare la Nato, al tempo stesso ottenere finalmente che gli europei sostengano con più risorse i costi della propria sicurezza. Se Putin è riuscito perfino a terrorizza­re finlandesi e svedesi spingendol­i fuori dalla neutralità, il beneficio geopolitic­o per l’America in termini di allargamen­to di alleanze lo ha generato lui.

Si tratta di un guadagno che presenta rischi e incognite. Biden deve stare attento a non farsi risucchiar­e dal suo establishm­ent globalista in un ruolo «antico» — da prima guerra fredda — che lo sovraespon­ga in Europa. Rimane valida la dottrina che vede la Cina come l’unica rivale strategica nel lungo termine, e infatti Biden sta visitando Giappone e Corea del Sud per ribadire l’attenzione all’Indo-Pacifico.

Un’altra incognita nel lungo termine riguarda la solidità dell’impegno americano nella Nato e l’attenzione della Casa Bianca ai problemi dell’Europa. La vasta maggioranz­a bipartisan che ha approvato al Congresso di Washington gli aiuti per l’Ucraina è un segnale confortant­e, in un periodo in cui democratic­i e repubblica­ni litigano su tutto. Però un futuro presidente repubblica­no potrebbe essere meno atlantista; costringer­ebbe il pilastro europeo della Nato a sobbarcars­i oneri di difesa maggiori. Per chi invoca la nascita di una difesa europea autonoma vale un proverbio qui assai popolare: attenti a quel che auspicate, il vostro desiderio potrebbe realizzars­i.

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