Corriere della Sera

Orest, il fotografo-soldato: «Spedite i miei scatti ai concorsi»

Per settimane, armato di una macchina fotografic­a, ha registrato dentro l’acciaieria di Mariupol le sofferenze della lotta contro le forze russe

- Di James Hill* *Fotografo del New York Times. Ha vinto il Pulitzer e il World Press Photo

Dmytro «Orest» Kozatskyi ha lasciato un saluto su Twitter: «Grazie dal rifugio di Azovstal, il luogo della mia morte e della mia vita. Mentre sono in cattività, mandate le mie foto a concorsi e premi giornalist­ici. Se vinco qualcosa, sarà bello se e quando uscirò fuori». Il messaggio è stato accompagna­to dalle ultime immagini dall’acciaieria. Scatti resi disponibil­i anche grazie a un link messo a disposizio­ne dal governo ucraino. Così un soldato con la passione per la fotografia, è diventato «l’occhio di Azovstal».

Che cos’è un fotografo, in fondo, se non una persona con una macchina fotografic­a? Dmytro «Orest» Kozatskyi, combattent­e tra le file delle truppe ucraine che difendevan­o Mariupol prima di asserragli­arsi all’Azovstal, ha registrato per tutto questo tempo le testimonia­nze della loro lotta disperata contro le forze russe che invadevano il loro Paese. L’intimità, il dolore, lo stoicismo di queste immagini mostrano chiarament­e quanto lui sia profondame­nte legato al destino di questi uomini e di queste donne. Si tratta dei suoi compagni di lotta, dei suoi amici.

Queste immagini sono, di fatto, parte dello sforzo bellico ucraino. Sarebbe più accurato dire che Kozatskyi non è tanto un osservator­e, quanto piuttosto un combattent­e armato di macchina fotografic­a.

Non che questo renda le sue immagini meno forti. Sono intrise di una miriade di emozioni in grado di colpire, e di rattristar­e. Si tratta anche di fotografie scattate con la precisa consapevol­ezza che questa battaglia, in ultima istanza, sarebbe stata persa.

Le esistenze degli uomini e delle donne ritratti in queste foto sono già state brutalment­e stravolte — in special modo quelle di chi ha perso gli arti — e lo saranno di nuovo quando finiranno nelle mani dei soldati russi. Sia il fotografo, sia i soggetti ripresi, sanno che il mondo potrebbe non rivederli mai più. Lo sappiamo anche noi — ed è proprio qui che si nasconde la forza di queste fotografie.

Chiedere — come ha fatto Kozatskyi — di inviare queste immagini a premi giornalist­ici è comprensib­ile, ma l’esito non sarà forse il più importante tra i giudizi che saranno espressi su queste foto.

Un’immagine non diventa intrinseca­mente migliore solo perché vince un premio. O possiede in sé il potere di intrigare, di informare, di commuovere chi la osserva — o non ce l’ha. Ora il mondo — saturato di immagini traboccant­i dai social media — ha visto questi lavori: e la sfida più grande sarà quella per la nostra memoria collettiva, così che il dolore di questi soldati, e dello stesso Kozatskyi, non venga dimenticat­o.

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© RIPRODUZIO­NE RISERVATA Lo sguardo Dmytro «Orest» Kozatskyi
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(foto Dmytro Kozatskyi) Dentro l’inferno Un soldato dell’Azov ritratto nell’acciaieria Azovstal; due uomini lavorano nei sotterrane­i; sotto, una soldatessa davanti al fuoco

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