Assalti ai treni e incursioni La guerra dietro le linee
Sul fronte del Donbass si combatte come in un vecchio conflitto, con trincee e artiglierie. Gli scontri sono documentati da tanti video. Meno visibile, e verificabile, è ciò che avviene nelle retrovie, tra colpi di mano e notizie deformate.
Due giorni fa fonti ucraine hanno rivelato un gesto di sfida: un sabotaggio contro un treno blindato russo nel Sud occupato, vicino a Melitopol, nel quale sono stati danneggiati alcuni vagoni, compresi quelli per il trasporto di truppe. Una seconda versione, invece, ha riferito di una deflagrazione vicino alla linea ferrata, dunque ha declassato il target. L’episodio, conseguenze reali a parte, è il capitolo di un lungo racconto. Fin dall’ora X, gli invasori hanno impiegato convogli ferroviari speciali, composti da vagoni corazzati dotati di mitragliatrici, con coppie di locomotori per trainare carichi bellici, cisterne di carburante, mezzi. Mosca ha almeno due di queste «bestie di guerra», Baykal e Amur, già testate in precedenti conflitti, inclusa la crisi in Crimea. E ora li hanno tirati fuori dai depositi in ruolo di supporto.
Il secondo elemento, più ampio, riguarda le incursioni dietro le linee. Sempre a Melitopol è stato ucciso un alto ufficiale russo, in un agguato attribuito alla resistenza. Segnali che — anche a livello di propaganda — devono rendere precario ogni tentativo della Russia di imporre il potere amministrativo nelle province occupate. Sono azioni affidate a piccoli team, a persone rimaste «dietro», con buona conoscenza della loro terra. Usano armi semplici, granate, esplosivi. In certi casi nasce il sospetto che abbiano potuto contare sul sostegno diretto e indiretto occidentale. Ma gli ucraini hanno dimostrato di saper fare da soli.
L’attività si è allargata da tempo alla Bielorussia, la base di partenza per l’invasione. È ancora la ferrovia a essere presa di mira da oppositori locali. Lo conferma la reazione rabbiosa del regime di Lukashenko: le autorità di Minsk sostengono di aver arrestato almeno 60 persone. Muscoli uniti a una legge approvata il 4 maggio: la condanna capitale è stata estesa a chi è riconosciuto colpevole di «tentato terrorismo».
Gli ucraini, insieme alla lancia, imbracciano lo scudo. Gli avversari hanno mobilitato le loro squadre di «distruttori». Commandos, agenti del Gru — l’intelligence militare — e del Quinto dipartimento dell’Fsb, collaborazionisti filorussi. Alcuni erano già dentro, ad aprire la via: danneggiando reti di comunicazione ed eseguendo le uccisioni, che il Kgb definiva i «lavori bagnati».
Kiev ha creato un’unità speciale per dare la caccia agli infiltrati. Secondo le fonti governative sono state neutralizzate circa 90 cellule, con un totale di 757 arresti. Una missione che è solo all’inizio. Anche perché Vladimir Putin ha affidato maggiori responsabilità al vice direttore del Gru, Vladimir Alekseyev, uno specialista delle operazioni coperte e veterano dell’Ucraina.