Macron, nuovo governo con «l’italiana» Colonna La conferma di Le Maire
L’ex ambasciatrice a Roma. I nomi della squadra di Borne
PARIGI Due sorprese — agli Affari esteri e all’Istruzione — e molte riconferme importanti. Per il secondo mandato presidenziale Emmanuel Macron si affida a una squadra rodata, perché i ruoli chiave vengono affidati ai soliti protagonisti: Bruno Le Maire resta il potente ministro dell’Economia e Finanze, Gérald Darmanin rimane ministro dell’Interno, e l’avvocato con doppia nazionalità (francese e italiana) Eric Dupont-Moretti è ancora Guardasigilli, nonostante su di lui penda la minaccia di un processo per conflitto di interessi davanti alla Corte di Giustizia della Repubblica.
Un governo di continuità, nel quale l’importante ministero della Transizione ecologica viene affidato alla 36enne Amélie de Montchalin che già faceva parte del governo precedente come titolare della Funzione pubblica, e che avrà il compito di affiancare la premier Borne nella lotta contro il riscaldamento climatico, indicata dal presidente Macron come una delle maggiori priorità del quinquennio.
Una delle personalità più note tra i francesi, quell’Olivier Veran che assieme all’ex premier Edouard Philippe è stato il volto anche televisivo della prima fase della pandemia, lascia il ministero della Sanità e viene retrocesso ai Rapporti con il Parlamento: Macron apprezza i collaboratori brillanti, ma qualche volta sembra non amare che prendano troppa luce.
Le novità di peso sono due. La prima è l’arrivo al Quai d’Orsay, come ministra agli
Affari esteri, di Catherine Colonna, 66 anni, origini corse, ambasciatrice a Roma durante la presidenza Hollande e fino a ieri rappresentante della Francia nel Regno Unito. Colonna si troverà ad affrontare la guerra in Ucraina e una situazione internazionale mai così difficile negli ultimi decenni, ma dovrà gestire anche il malessere all’interno del suo ministero, perché Macron ha deciso di abolire il corpo diplomatico a partire dal 2023. La ministra Colonna potrà avvalersi di Clement Beaune, che viene promosso da segretario di Stato a ministro per gli Affari europei.
L’altra sorpresa è l’arrivo all’Istruzione dell’insigne storico Pap Ndiaye, 56 anni, padre senegalese e madre francese, fratello della scrittrice Marie Ndiaye vincitrice nel 2009 del prix Goncourt.
Pap Ndiaye prende il posto di Jean-Michel Blanquer, poco amato dagli insegnanti e noto per le nette posizioni contro la «cancel culture» e in difesa della laicità. Dopo la nomina a premier della progressista Elisabeth Borne, lunedì scorso, anche l’arrivo di Pap Ndiaye sembra ubbidire alla voglia di riequilibrare a sinistra la squadra di governo. E l’estrema destra infatti concentra la critiche contro Ndiaye, «un indigenista la cui nomina rappresenta l’ultima pietra della decostruzione del
nostro Paese», dice Marine Le Pen. All’estrema sinistra JeanLuc Mélenchon invece dà a Ndiaye del «rinnegato» per avere accettato di entrare nel governo di un Macron che lui stesso un tempo criticava. Comunque, secondo il leader della Nupes (Nuova unione popolare ecologista e sociale) questo nuovo governo troppo «liberale, senza audacia né rinnovamento» è solo provvisorio perché il 12 e 19 giugno, alle elezioni legislative, «i francesi sceglieranno un’altra maggioranza, la nostra».