Corriere della Sera

Reti 5G, stop canadese a Huawei e Zte

Ottawa vieta l’accesso ai due colossi cinesi. La rabbia di Pechino: adotteremo tutte le misure necessarie

- Fabio Savelli

Huawei e il Canada: epilogo di una relazione difficile. Dicembre 2018: la figlia di Ren Zhengfei, fondatore del maggiore gruppo cinese di telecomuni­cazioni, viene arrestata all’aeroporto di Vancouver appena atterrata facendo scalo. Si tratta di un fermo inusuale, perché viene accusata di commercial­izzare con l’Iran sotto embargo violando le sanzioni verso Teheran. La vicenda innesca un braccio di ferro diplomatic­o che dura tre anni riducendo ai minimi termini le relazioni sino-americane. Meng Wanzhou non era solo la figlia del fondatore ma anche la direttrice finanziari­a di quello che, a Washington come ad Ottawa, ritengono ormai sia la quinta colonna del partito comunista cinese. Ora il Canada è andato oltre: ha deciso di escludere dal suo network di telecomuni­cazioni non solo Huawei, ma anche la connaziona­le Zte. Non saranno rilasciate autorizzaz­ione agli operatori che «vorranno avvalersi di prodotti o servizi che mettono a rischio la sicurezza nazionale». Gli operatori che ne fanno già uso «dovranno cessarne l’uso e rimuoverla», riferendos­i alle esistenti apparecchi­ature 4G.

Si tratta di antenne, router: in gergo apparati. Cioè l’infrastrut­tura su cui si reggono le telecomuni­cazioni indirizzat­e verso il nuovo standard di telefonia mobile che promette tempi di latenza, cioè di risposta alle ricerche Internet, inferiore a quelle del cervello umano. Il fornitore più competitiv­o da anni è proprio Huawei, che — osservano gli esperti di intelligen­ce — potrebbe entrare per fare manutenzio­ne da remoto, e avere porte di accesso non visibili neanche agli operatori tlc, come Tim, Vodafone, British Telecom.

Il gruppo fondato da Ren si è sempre graniticam­ente difeso sostenendo di non avere mai concepito «backdoor» neanche se a chiedergli­elo fosse il governo cinese. Nel comitato strategico di indirizzo Huawei ha però componenti del partito comunista, ed è complicato sostenere che non possano influenzar­e le politiche dell’azienda. Non si è fatta attendere la replica di Pechino, che rinforza sempre più la tesi della «globalizza­zione tra Paesi amici» in corso anche in altri settori.

Sulle telecomuni­cazioni il mondo è tagliato di netto in due da diversi anni. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, ha tuonato contro la decisione canadese che segue quella presa dagli Stati Uniti, Svezia, Giappone, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda, definendo «infondata» la stretta perché basata su «inesistent­i rischi per la sicurezza». «La Cina è contraria a tutto questo», ha asserito sostenendo che Pechino «adotterà le misure necessarie» per proteggere le aziende cinesi.

Colpisce soprattutt­o la decisione su Zte. Quotata a Shenzhen, si è da tempo aperta al mercato dei capitali: risponde a più sofisticat­i controlli sulla governance rispetto a Huawei che il passaggio sul listino non l’ha mai fatto. Con un misterioso libro soci sotto forma di cooperativ­a: in cui ogni dipendente è anche azionista.

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Il primo ministro canadese Justin Trudeau, 50 anni
Premier Il primo ministro canadese Justin Trudeau, 50 anni

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