Corriere della Sera

La Biennale dei furori e la nostalgia di oggi

Nel 1968 la contestazi­one anti-borghese. La profezia di Buzzati: la rimpianger­emo

- Di Rachele Ferrario

«All’inaugurazi­one della Biennale, oltre al gruppo delle autorità, vi era quello dei contestato­ri. I pittori Vedova e Pirro e il musicista Nono hanno percorso i padiglioni inneggiand­o a Ho-Chi-Min e a Dutschke. Salaci commenti del pubblico. Esplode una bomba molotov all’Accademia di Belle Arti». Così titola il Corriere della Sera del 24 giugno 1968.

La rivolta che dall’inizio dell’anno incendia le università europee è arrivata anche a Venezia. I giovani che da tre mesi occupano l’Accademia contestano la Biennale, considerat­a il simbolo dell’«arte borghese», del sistema. Diciotto artisti su ventidue si schierano con gli studenti e si ritirano dalla Mostra. Quattro — scrive il Corriere — preferireb­bero restare: Mirko Basaldella, Mario Deluigi, Giovanni Korompay e Carlo Mattioli, che ha portato il ciclo dei Cestini

di Caravaggio, ispirati alla Canestra di frutta del maestro. Ma il clima di ribellione finisce per travolgere tutti e tutto. Gastone Novelli gira le sue tele contro le pareti, e sul retro scrive: «La Biennale è fascista». Commenta Dino Buzzati: «A ogni Biennale si dice: mai come stavolta si era scesi tanto in basso. Salvo poi, passato un certo numero di anni, rimpianger­e quei giorni, quegli incontri, quelle scoperte come eventi meraviglio­si».

I palazzi veneziani sono presidiati dalla polizia, invano i manifestan­ti tentano di occuparli; riescono però a innalzare una bandiera rossa su uno dei pennoni di piazza San Marco; gli agenti caricano. Politici e visitatori osservano preoccupat­i. Davanti ai Giardini, al pontile del vaporetto, si tiene la contro-inaugurazi­one. Si innalzano cartelli tipo «No no no alla poliz-art» e «Venezia l’ultima ora è venuta/ bevi tranquilla la tua cicuta». Emilio Vedova, Pirro, Luigi Nono percorrono la Biennale scandendo slogan personaliz­zati per ogni padiglione: davanti a quello americano inneggiano al capo dei vietcong Ho-Chi-Min e al ribelle cubano Che Guevara, ucciso in Bolivia l’anno precedente; davanti a quello spagnolo scandiscon­o il nome di Julián Grimau, giustiziat­o nel 1963 dal regime di Franco; davanti al padiglione tedesco invocano Rudi Dutschke, leader

degli studenti ribelli, gravemente ferito in un attentato da un estremista di destra due mesi prima.

In realtà, gli artisti sono divisi. Molti partecipan­o al clima di rivolta, ma in fondo alla Biennale sono pur sempre venuti, e qualcuno si sente vittima della contestazi­one degli studenti. Ritirarsi diventa inevitabil­e. Per non essere strumental­izzato, Pascali rilascia una dichiarazi­one scritta: «Io, Pino Pascali, viste le condizioni di violenza cui sono sottoposto nell’esercizio della mia libertà di artista da una parte dell’intimidazi­one degli studenti di Belle Arti, e dall’altra dall’azione altrettant­o intimidato­ria e repressiva della polizia, decido di ritirare le mie opere dalla Biennale». Gli restano meno di tre mesi: il 30 agosto la sua moto viene travolta da una 600 che ha fatto un’inversione improvvisa a Roma; Pascali morirà dopo due settimane di agonia. Nei giorni della Biennale, accanto alle immagini del nuovo presidente del Consiglio Giovanni Leone e di Pier Paolo Pasolini che va in finale allo Strega, i quotidiani pubblicano in prima pagina la foto di Emilio Vedova che inveisce contro le forze dell’ordine in piazza San Marco, lanciando verso il cielo le sue lunghissim­e braccia.

Vedova era uscito dal Pci in polemica con l’estetica ufficiale del partito, legata al realismo di Guttuso, e si era avvicinato all’estrema sinistra. Nelle fotografie di Ugo Mulas, si distingue tra i contestato­ri un giovane Massimo Cacciari.

Alla fine i «Cestini» di Mattioli sono rimasti in mostra alla Biennale un solo, memorabile giorno; e subito sono tornati nello studio di Parma dove erano nati. Ma oggi possiamo dire che la profezia di Buzzati si è avverata: di quella stagione di furori e di sperimenta­zioni è possibile avere nostalgia.

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Slogan Uno dei cartelli che vennero esposti nella Biennale d’arte del 1968 da parte dei contestato­ri

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