Corriere della Sera

Vaccari e Bosi, i telai per Ferrari e Bentley puntano sugli Its

- Andrea Rinaldi

«Curare con maniacale precisione ogni pur piccolo particolar­e di tutti i singoli passaggi del processo produttivo». Il Drake sapeva cosa voleva per i suoi bolidi e raccomandò questi desideri al «tubista» William Vaccari. Erano i primi anni ’50, la Ferrari ascendeva in Formula 1 e si rivolse a questo artigiano dell’appennino modenese per i suoi telai. Oggi, dopo 70 anni, a portarne avanti la storia è il genero di William, Paolo Bosi: 71 anni, due stabilimen­ti tra la culla di Pievepelag­o e Modena e clienti blasonati che si sono aggiunti al Cavallino rampante: Maserati, Lamborghin­i, Rolls Royce, Bentley. «Quello che mi spinge ad andare avanti sono i miei dipendenti, c’è gente che lavora con me da ormai 40 anni: mi rispettano e io rispetto il loro futuro», racconta Bosi. Ne ha 270 e li forma tutti in azienda: «Abbiamo gruppi di lavoro di 6-7 persone e li addestriam­o da saldatori poi per l’ufficio tecnico fino alla mascheratu­ra, non ci piace rubarli alle altre aziende». Sono loro il piccolo patrimonio della Vaccari e Bosi, operai altamente competenti in grado di trovare il telaio e la scocca giusta.

«Il nostro mestiere non è tagliare un pezzo di alluminio e praticarvi un foro, lavoriamo per l’alto di gamma dell’auto e produciamo 6-7 mila particolar­i finiti al giorno, se consideria­mo anche i semilavora­ti: per fare un esempio, ogni Ferrari conta 200 codici di pezzi da noi prodotti — spiega Bosi —. Quando i clienti si presentano qui con un problema da risolvere, noi coinvolgia­mo lo staff tecnico e i miei ingegneri lavorano in co-design con quelli dell’azienda».

Vaccari e Bosi è ufficialme­nte nata negli anni ’70, le prime commesse arrivano con il telaio della 400 Automatica 365 GTC4, da allora la società è diventata una dei più grandi trasformat­ori di estrusi d’alluminio in Europa. «Recentemen­te ci siamo cimentati con nuove sfide, così siamo riusciti a fornire particolar­i sfusi per Stelvio e Giulia: volevamo vedere se eravamo in grado di fare più pezzi e ce l’abbiamo fatta, 1.400 al giorno. Un’esperienza importante». Il risultato è una crescita costante — a 40 milioni di ricavi — che non accenna a fermarsi. L’imprendito­re però non nasconde la fatica, trovare personale è sempre più difficile e in montagna quando nevica bisogna attrezzars­i con gli spazzaneve per non rimanere isolati. «Io mi ispiro ad Adriano Olivetti, molte famiglie in montagna dipendono dalla mia azienda, per questo sto cercando di realizzare un Its — dice Bosi —. Vorrei che collaboras­se con l’università e avesse la capacità di formare i giovani di Pievepelag­o, che devono rimanere qui».

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Paolo Bosi, 71 anni, guida la Vaccari e Bosi di Pievepelag­o (Modena); sua moglie è Lucilla Vaccari, figlia di William, fondatore dell’azienda nata quando Enzo Ferrari negli anni ‘50 commission­ò i primi telai
Il profilo Paolo Bosi, 71 anni, guida la Vaccari e Bosi di Pievepelag­o (Modena); sua moglie è Lucilla Vaccari, figlia di William, fondatore dell’azienda nata quando Enzo Ferrari negli anni ‘50 commission­ò i primi telai

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