Vaccari e Bosi, i telai per Ferrari e Bentley puntano sugli Its
«Curare con maniacale precisione ogni pur piccolo particolare di tutti i singoli passaggi del processo produttivo». Il Drake sapeva cosa voleva per i suoi bolidi e raccomandò questi desideri al «tubista» William Vaccari. Erano i primi anni ’50, la Ferrari ascendeva in Formula 1 e si rivolse a questo artigiano dell’appennino modenese per i suoi telai. Oggi, dopo 70 anni, a portarne avanti la storia è il genero di William, Paolo Bosi: 71 anni, due stabilimenti tra la culla di Pievepelago e Modena e clienti blasonati che si sono aggiunti al Cavallino rampante: Maserati, Lamborghini, Rolls Royce, Bentley. «Quello che mi spinge ad andare avanti sono i miei dipendenti, c’è gente che lavora con me da ormai 40 anni: mi rispettano e io rispetto il loro futuro», racconta Bosi. Ne ha 270 e li forma tutti in azienda: «Abbiamo gruppi di lavoro di 6-7 persone e li addestriamo da saldatori poi per l’ufficio tecnico fino alla mascheratura, non ci piace rubarli alle altre aziende». Sono loro il piccolo patrimonio della Vaccari e Bosi, operai altamente competenti in grado di trovare il telaio e la scocca giusta.
«Il nostro mestiere non è tagliare un pezzo di alluminio e praticarvi un foro, lavoriamo per l’alto di gamma dell’auto e produciamo 6-7 mila particolari finiti al giorno, se consideriamo anche i semilavorati: per fare un esempio, ogni Ferrari conta 200 codici di pezzi da noi prodotti — spiega Bosi —. Quando i clienti si presentano qui con un problema da risolvere, noi coinvolgiamo lo staff tecnico e i miei ingegneri lavorano in co-design con quelli dell’azienda».
Vaccari e Bosi è ufficialmente nata negli anni ’70, le prime commesse arrivano con il telaio della 400 Automatica 365 GTC4, da allora la società è diventata una dei più grandi trasformatori di estrusi d’alluminio in Europa. «Recentemente ci siamo cimentati con nuove sfide, così siamo riusciti a fornire particolari sfusi per Stelvio e Giulia: volevamo vedere se eravamo in grado di fare più pezzi e ce l’abbiamo fatta, 1.400 al giorno. Un’esperienza importante». Il risultato è una crescita costante — a 40 milioni di ricavi — che non accenna a fermarsi. L’imprenditore però non nasconde la fatica, trovare personale è sempre più difficile e in montagna quando nevica bisogna attrezzarsi con gli spazzaneve per non rimanere isolati. «Io mi ispiro ad Adriano Olivetti, molte famiglie in montagna dipendono dalla mia azienda, per questo sto cercando di realizzare un Its — dice Bosi —. Vorrei che collaborasse con l’università e avesse la capacità di formare i giovani di Pievepelago, che devono rimanere qui».