Il seme germoglia: Saviano e la strage di Capaci
Nel trentesimo dell’attentato l’autore di «Gomorra» presenta il suo nuovo romanzo dedicato all’impegno antimafia di Giovanni Falcone
TORINO Ci sono vite che non sono le nostre eppure ci appartengono. Storie scritte per gli altri. Bagliori di una notte che fa presagire luminosità possibili. Abbiamo seguito il tragitto umano di Giovanni Falcone come spettatori di parte. Lo guardavamo da fuori. Forse perché pensiamo che certe battaglie le può combattere solo chi ha scelto di farlo. E anche perché Solo è il coraggio come il titolo del libro sul giudice palermitano, edito da Bompiani, che, ieri, Roberto Saviano ha presentato al Salone del libro di Torino.
Sala gremita. E nel tempio della pagina stampata, Saviano esalta l’atto creativo di immergersi tra righe che ti fanno protagonista di vicende che non potresti mai vivere. Ed è così anche per il tributo a Giovanni Falcone. «Volevo scrivere una storia che portasse il lettore accanto al giudice.
Che vedesse con i suoi occhi, sentisse gli stessi suoni, percepisse gli stessi pericoli». C’è un’analogia con quanto diceva Philip Roth di Primo Levi. Quello dello scrittore torinese è il testo più importante sulla Shoah perché «tu che stai leggendo non sai di Auschwitz, “sei” ad Auschwitz».
Quello di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo «è come un atto d’amore. Mettono ogni energia, ogni passione per trasformare il Paese. Decidono di percorrere una strada impossibile da interrompere dopo che i loro amici e colleghi sono morti». E raccontarli è come mettere un seme che può germogliare. Non è solo una testimonianza.
Un giudice che amava la musica lirica, il mare, che a carnevale si vestiva da Tarzan. Un giudice che sognava. Un uomo che aveva anche paura. E provava dolore. Che quando alzava la testa vedeva la fierezza di Rocco Chinnici. E allora capiva che si poteva andare avanti. E al maxiprocesso la partita poteva cambiare direzione.
Il libro è anche un omaggio a chi ha avuto meno riflettori mediatici, ma lo stesso impatto nella lotta alla mafia di Falcone. Si racconta di Antonino Saetta e Antonino Scopelliti. Del legame del primo con un figlio speciale. Il loro intendersi a colpi di citazioni di film. La morte insieme. E di Scopelliti che non voleva la scorta perché lui «era un giudice». E di che cosa deve avere paura chi fa il proprio dovere? Quello di Saviano è un libro che ci interroga e non ci vuole solo solidali con chi ci è camminato davanti.