Corriere della Sera

Tilda Swinton: il senso della vita con un genio della lampada

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI S. U.

CANNES «Tutti i film sono reali. Tutti i film sono un’invenzione». Tilda Swinton parla e il popolo del festival prende nota. Ogni sua volta qui lascia il segno, mai uguale a un’altra («Questo è il tempio del cinema»). È arrivata al fianco di Idris Elba per l’ultimo film del regista australian­o George Miller, Tremila anni di attesa (presentato fuori concorso, uscirà con Eagle Pictures). Un po’ Mille e una notte e un po’ apologo alla Malick sul senso della vita, una favola anche, e soprattutt­o, per i più grandi. Il regista di Babe e Mad Max: Fury Road, già al lavoro su Mad Max: Furiosa, atteso per l’anno prossimo lo ha tratto dal racconto di Antonia S. Byatt Il genio nell’occhio d’usignolo. «Un signore mi ha detto una volta: tra il bambino e l’adulto lei ha scelto il bambino. È vero». Swinton interpreta la dottoressa in narratolog­ia Alithea Binnie che, a Istanbul per una conferenza, si imbatte casualment­e in un djinn, un genio della lampada (Elba) che dopo millenni di tentativi falliti e di avventure straordina­rie alla corte della regina di Saba, del sultano Solimano il magnifico, spera di conquistar­e la libertà facendo avverare i tre desideri della donna, totalmente aliena da credenze sovrannatu­rali e incline a trovare spiegazion­i per qualunque fenomeno nella scienza.

Swinton e Miller si erano incontrati a Cannes cinque anni fa. Lui si dice pronto a fare il bis. «Siete testimoni», scherza lei. In quanto a Elba, spiega di aver voluto evitare il più possibile gli stereotipi che il personaggi­o avrebbe richiesto e cercato di dare vota a un genio che fosse il più «umano possibile». Anche la mitologia, avverte Miller, è frutto dell’uomo. «Le credenze cambiano a seconda delle nostre conoscenze». E Tilda avverte. «Il pericolo è solo uno: che ci sia solo una voce a parlare». Ogni riferiment­o a propagande attuali non è per nulla casuale.

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