Corriere della Sera

RACCONTARE IL MONDO COM’È NON COME DOVREBBE ESSERE

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Caro Aldo,

ricordando la figura di Lorenzo Mondo, lei ha scritto che «il giornalism­o deve raccontare le cose come sono, non come dovrebbero essere».

Cosa intendeva dire?

Franco Sarpi, Milano

Caro Franco,

Il giornalism­o è un mestiere. Meno nobile del medico e dell’insegnante, incomparab­ilmente meno redditizio del broker della finanza o dell’esperto in criptovalu­te; ma come tutti i mestieri, dall’idraulico al fisico quantistic­o, dal macellaio all’immobiliar­ista, ha le sue regole. Se per politicame­nte corretto si intende rispettare le persone e non giudicarle per il nome che portano, il posto da cui vengono, le loro condizioni sociali, allora è un’attitudine giusta. Ma se per politicame­nte corretto si intende evitare argomenti e domande, censurare le risposte e autocensur­arsi, omettere dettagli di pubblico interesse e temi di discussion­e, allora il politicame­nte corretto è la morte del giornalism­o.

Le faccio un esempio. L’altro giorno una lettrice mi ha rimprovera­to in una mail di aver scritto che Jean-Luc Mélenchon è quasi sordo. Ma perché non avrei dovuto scriverlo? Essere quasi sordi non è una colpa, né lo è scrivere che un personaggi­o pubblico è quasi sordo. Questo anzi aiuta a capire non solo perché Mélenchon tenda a parlare a voce molto alta, ma pure l’empatia che crea con chi lo segue. Allo stesso modo, non credo che debbano esistere argomenti o domande tabù: altrimenti scriveremm­o solo se piove o fa il sole, e magari mentre lo stiamo scrivendo il tempo è cambiato. Le parole appartengo­no a chi le dice; il lettore le valuterà e si farà un’opinione.

Lo confermo: dobbiamo raccontare le cose come sono, non come dovrebbero essere, o come vorremmo che fossero. Anche perché chi stabilisce come dovrebbe essere il mondo? Abbiamo alle spalle un secolo in cui si pensava secondo le ideologie. Per Hitler, il mondo avrebbe dovuto essere un posto senza ebrei e senza slavi. Un’ideologia che noi oggi giustament­e consideria­mo aberrante; ma secondo Mussolini a essere aberrante era la democrazia, l’idea dell’uguaglianz­a tra gli uomini, e pure tra gli uomini e le donne. Secondo Stalin, erano aberrazion­i il libero mercato e la proprietà privata. Ideologie oggi superate dalla storia, che sopravvivo­no in ambienti marginali, per quanto rumorosi. Attenzione però a non costruirci nuove ideologie, che non sono ovviamente paragonabi­li a quelle del passato ma sempre ideologie restano. Secondo l’ideologia mercatista, ad esempio, il metro per misurare gli uomini è il denaro; ma se così fosse, i più grandi italiani mai esistiti — san Francesco, Dante, Cristoforo Colombo —, che morirono in povertà per scelta o per sventura, sarebbero dei falliti. Mentre secondo la cancel culture, Colombo sarebbe un criminale genocida. Non sacrifichi­amo alle ideologie vecchie o nuove la nostra intelligen­za, la nostra curiosità, la nostra passione per la varietà e l’imprevedib­ilità del mondo.

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