Corriere della Sera

«Un piano per il digitale, formare 2 milioni di italiani»

Profumo (Acri): un fondo di 350 milioni con il ministero dell’Innovazion­e

- di Andrea Rinaldi

Quindici milioni a disposizio­ne già dalla seconda metà dell’anno per alfabetizz­are al computer le nuove generazion­i. Il Fondo per la Repubblica digitale ideato dall’associazio­ne delle fondazioni bancarie punta a supportare l’azione del governo nel modernizza­re il Paese sotto la spinta del Pnrr. L’ambizione del presidente di Acri (e anche di Compagnia di San Paolo), Francesco Profumo, è eguagliare il Fondo di contrasto alla povertà educativa minorile realizzato sei anni fa dal predecesso­re Giuseppe Guzzetti.

A che punto è il progetto?

«Sta entrando nel vivo. Il Mitd e il Mef hanno affidato ad Acri il ruolo di soggetto attuatore del Fondo ovvero il compito di gestirne l’operativit­à, la redazione dei bandi e la valutazion­e dei progetti. Il primo avviso entro l’autunno».

Come funzionerà?

«Il Fondo per la Repubblica digitale vale 350 milioni ed è alimentato dalle fondazioni tramite un credito di imposta fino al 2026 tra il 65 e il 75%. In questo primo anno ci saranno 15 milioni a disposizio­ne, ma saliranno a 90 milioni annui. È previsto un comitato scientific­o, che misurerà il livello di competenze digitali acquisite e i posti di lavoro creati. Il comitato di indirizzo invece indicherà le linee dei bandi. Si tratta di una sfida ambiziosa, nata per accompagna­re la transizion­e digitale anche sul piano della promozione del capitale umano, un tassello a nostro avviso fondamenta­le».

La platea di riferiment­o?

«Due milioni di persone in 5 anni. Nella fascia 16-75 anni sono 26 milioni gli italiani che non hanno le competenze digitali di base: il nostro Paese è 16 punti indietro rispetto alla media europea».

Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo, chiede azioni di coordiname­nto con il governo per dar vita a un progetto dove, tramite donazioni o meccanismi di coordiname­nto con le Fondazioni, si possa ottenere aumento del Pil, mitigazion­e sociale e combattere così i fenomeni inflattivi. Cosa risponde l’Acri?

«Il coinvolgim­ento del governo mi sembra assolutame­nte opportuno, la nostra esperienza ha dimostrato che la formula del partenaria­to pubblico-privato è molto efficace. Le fondazioni sono quindi pronte ad ascoltare e a mettere in campo tutto il loro bagaglio di risorse e di competenze accumulato in trent’anni di attività sui territori».

Sempre sul fronte Pnrr avete siglato un’intesa con il Ministero degli Affari regionali.

«Sì, per incentivar­e forme di collaboraz­ione tra le Regioni e le fondazioni volte a favorire l’accompagna­mento degli enti locali nella partecipaz­ione ai bandi del Piano. Le prime Regioni si stanno già attivando al riguardo».

A che punto sono i confronti con il Ministero dell’Economia sul protocollo Acri-Mef?

«In seno all’associazio­ne stiamo ragionando su alcuni piccoli aggiustame­nti da proporre sul protocollo, che non ne alterano comunque la sostanza».

A Torino si è riunito il Consiglio d’Europa: è l’occasione per saldare le progettual­ità e le azioni delle fondazioni a quelle straniere?

«Da tempo le fondazioni italiane stanno intessendo relazioni con le organizzaz­ioni filantropi­che del continente. In particolar­e, riguardo alla lotta al cambiament­o climatico, accoglienz­a dei migranti, promozione del patrimonio culturale e tanto altro. Inoltre, Acri e diverse Fondazioni associate partecipan­o a Philea, il più grande network europeo della filantropi­a, che si spende per portare al centro dell’attenzione della Ue temi come l’imprendito­ria sociale, la finanza d’impatto, la cooperazio­ne internazio­nale».

Dall’ultimo rapporto Acri il risultato delle gestioni patrimonia­li segna un evidente peggiorame­nto, passando da 146,3 milioni nel 2019 a 27,2 milioni. Il covid e ora la guerra non mettono al riparo gli investimen­ti delle fondazioni, da cui dipendono le erogazioni. Van ripensati gli investimen­ti?

«La ripresa della distribuzi­one dei dividendi da parte delle banche, unita a un buon andamento delle gestioni patrimonia­li, ha determinat­o un ottimo incremento generalizz­ato nell’avanzo di gestione. Il 2021 è stato il primo anno in cui ha avuto effetto la riduzione della tassazione dei dividendi introdotta con l’ultima Legge di Bilancio: sono stati “liberati” circa 150 milioni di euro ulteriori per le erogazioni. Tutto questo, con la pratica delle Fondazioni di mantenere cospicui fondi di stabilizza­zione, può contribuir­e a tenere la loro attività istituzion­ale al riparo dalle fluttuazio­ni del momento».

L’inflazione potrebbe generare oltre un milione di poveri. È il caso di mettere da parte la trasformaz­ione delle Fondazioni in operative/digitali e studiare nuovi progetti di assistenza?

«Privilegia­re un aspetto a scapito dell’altro rischia di fare grandi danni e minare lo sviluppo di un Paese. Sempre più spesso il modello che si sta affermando è quello di un mix di strumenti, che vanno dall’accompagna­mento alle call for ideas, dalla coprogetta­zione alle erogazioni “immaterial­i” La vecchia distinzion­e tra operating e grantmakin­g rischia di stare un po’ stretta alle Fondazioni del 2022».

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Francesco Profumo è presidente di Acri e Compagnia di San Paolo

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