Corriere della Sera

L’arbitro e quei divani così agitati

- Di Paolo Casarin

Da domani il calcio sarà più veloce di oggi. Il giocatore sarà mosso dalla rapidità del suo pensiero, che lo spingerà fino al gol. Solo, con le emozioni che lo alimentano, lo orientano a percorrere i binari virtuali della giusta via. In questo percorso emozionant­e il giocatore non cerca compagni, evita l’avversario, spera che l’arbitro non lo intralci, vuole raggiunger­e il gol. Le squadre avranno almeno un tale incursore: Hernandez e Barella gli esempi. Calcio nuovo, con tante parole tra arbitro e giocatori che sfociano, spesso, in proteste contro il fischietto che cerca di spiegare. Resterà solo la protesta, l’opposizion­e. E pensare che giocatori e arbitri, molte volte della stessa età, rispondono con uguali risultati al test di Nideffer che stabilisce che i loro indici di attenzione e rapporto interperso­nale sono confrontab­ili. Persone capaci che si parlano a vuoto. Ecco l’ordine agli arbitri di limitare i fischi , talvolta inutili e raramente sbagliati. Sono stati già ridotti i fuorigioco, solo 3-4 per gara, restano i 10 corner e le 40 rimesse laterali per partita, che tutti indovinano. Ma l’arbitro serve a questo calcio della velocità? Sì. Serve a fare casino in area di rigore, per punire l’invisibile in continua elaborazio­ne e innalzare il livello dell’emozione sul «divano» del campo, le panchine. Il popolo è capace di perdonare il fischio dell’arbitro, dal «divano», invece, non arrivano processi, ma sentenze definitive. Sì, le panchine sembrano divani stracolmi di giocatori agitati, pronti a far mucchio attorno al quarto uomo schiacciat­o da mille richieste: quaranta persone, con qualche giocatore a bordo campo che restituisc­e subito il pallone o lo allontana a seconda del colore della maglia. Quello che continua ad esistere, per fortuna , è il bambino che piange per il rigore sbagliato che gli ha portato via la coppa sognata.

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