Kiev: più del negoziato ora servono armi
Il polacco Duda al Parlamento ucraino: «Nulla si deciderà su di voi senza di voi». Parigi però è fredda sull’adesione alla Ue: «Solo tra 15-20 anni»
KIEV «Nulla su di voi senza di voi!». L’accolgono come un Kennedy a Berlino o un Gorbaciov a Londra. La Verkhovna Rada che canta gli inni e s’alza in piedi e applaude come per nessuno. A sorpresa compare a Kiev il presidente polacco Andrzej Duda, il primo capo di Stato a essere abbracciato nel Parlamento dal giorno dell’invasione, ed è più d’una normale visita. La Polonia è il rompighiaccio europeo degli ucraini, ha accolto oltre la metà dei sei milioni di profughi, è la porta che fa passare gli aiuti, le armi e il poco grano che ancora si riesce a esportare: per dirla con Volodymyr Zelensky, è il Paese che merita «uno status speciale». C’è di mezzo anche un’amicizia personale: a febbraio, quando gli americani volevano nascondere il presidente ucraino a Leopoli, Duda racconta d’aver chiamato «Volodymyr ogni giorno, temevo per la sua vita», e a Varsavia era già pronta una residenza per ospitarlo in esilio. Ecco perché il leader polacco ora dice ai deputati della Rada che nulla si deciderà «su di voi senza di voi», anzi: «Solo l’Ucraina può scegliersi il futuro» e «non mi darò pace, finché l’Ucraina non diventerà un membro dell’Unione europea».
Ottimismo della volontà. Perché la ragione dice che c’è da aspettare un bel po’ e il più chiaro a dirlo — «bisogna essere onesti» — è il ministro francese agli Affari europei, che dettaglia il pensiero del suo presidente Emmanuel Macron, dei tedeschi e di molti altri europei: «Il processo per far entrare l’Ucraina nella Ue sarà molto lungo — avverte Clement Beaune — ci vorranno senza dubbio 15 o 20 anni». La visita polacca non è casuale: pianta la bandierina in questa parte d’Ucraina che guarda da sempre più a Varsavia che a Mosca, segue al blitz d’aprile che lo stesso Duda fece a Kiev coi tre colleghi baltici. Ci sono «certe capitali» che ci riservano «un trattamento di serie B», ha denunciato giovedì Dmytro Kuleba, il ministro degli Esteri ucraino, e la linea aperturista della Polonia contrasta col no a ogni scorciatoia opposto, per esempio, dal cancelliere tedesco Olaf Scholz. Il 24 giugno, il Consiglio d’Europa deciderà se Kiev può candidarsi all’ingresso nell’Ue. Per Duda è una questione «d’estrema importanza soprattutto psicologica e politica». Forse, parole che vengono pronunciate pensando anche a qualche leader che sostiene il governo italiano,
Vaticano
L’inviato del Papa: «L’Ucraina deve difendersi e ricevere aiuti, anche militari»
vedi Berlusconi: «Cari presidenti e ministri — dice Duda — si son sentite voci preoccupanti, secondo cui l’Ucraina dovrebbe cedere alle richieste di Putin», ma bisogna «rispettare» chi «versa il suo sangue» per appartenere all’Ue e ricordare che «dopo Bucha, Borodyanka e Mariupol, con la Russia nulla potrà essere come prima».
Il tappeto rosso che da Varsavia porta a Kiev la dice lunga sull’ipotesi negoziale: ferma a zero, o poco più. Oggi Putin riceverà il dittatore bielorusso Lukashenko a Sochi, segno d’un arroccamento. E Mikhailo Podollak, l’ucraino incaricato dei negoziati (inesistenti) di pace, chiarisce che ora alle proposte di dialogo è preferibile ricevere «i lanciarazzi e le armi pesanti che ci servono per sbloccare il Mar Nero». «La Russia paralizza e ruba 22 milioni di tonnellate del nostro grano e del nostro orzo — allerta Zelensky — dobbiamo liberare i porti, altrimenti alla crisi energetica seguirà quella del cibo». L’altro giorno è stato a Kiev l’inviato del Papa, Richard Gallagher, ma non è stato accolto con lo stesso calore di Duda. L’arcivescovo era venuto ad aprire un canale con Mosca — «ci sono spazi» — alla fine ha ammesso che «è troppo presto» per parlare di pace: «L’Ucraina deve difendersi e ricevere aiuti, anche militari».