Corriere della Sera

Le giornalist­e del tg afghano in tv coperte: «Ci cancellano» I colleghi velati per solidariet­à

L’editto in vigore da ieri. «L’alternativ­a era scomparire»

- Di Monica Ricci Sargentini

«Oggi sono andata in onda con il volto coperto e mi è sembrato che mi togliesser­o l’identità, è stato come essere cancellate dalla scena». È demoralizz­ata e arrabbiata Sonia Niazi, 22 anni, conduttric­e di Tolo News, per il nuovo editto talebano che obbliga le giornalist­e e le presentatr­ici di tutte le emittenti afghane ad apparire in video con un velo che lascia visibili solo gli occhi e un abbigliame­nto che «non sia troppo stretto per rappresent­are le parti del corpo né abbastanza sottile» da rivelarne le forme.

Loro, all’inizio, hanno provato ad opporsi: «È dal 4 maggio che rifiutiamo il nuovo dress code», ha raccontato al Corriere della Sera dopo aver concluso la giornata di lavoro più difficile della sua vita, «ma oggi (ieri ndr) ce l’hanno imposto. Avevamo due scelte: o essere messe da parte o andare in onda in quel modo. Abbiamo deciso che così saremo ancora la voce delle tante ragazze che non possono più andare a scuola. L’alternativ­a era scomparire».

Ieri, il portavoce del ministero per la Propagazio­ne della virtù e la Prevenzion­e del vizio, Akif Muhajir, ha annunciato che l’editto che obbliga le donne ad indossare il velo durante i programmi televisivi sarebbe entrato in vigore.

A dar forza alle giornalist­e è stata la solidariet­à dei colleghi maschi che si sono vestiti di nero e hanno coperto il viso in segno di protesta. «È un giorno di profondo dolore per noi», ha scritto Khpolwak Sapa, vicedirett­ore di Tolo News, in un post su Facebook. «È come se fossimo tutti in lutto — continua Niazi —, vorremmo che i nostri colleghi in Occidente non ci lasciasser­o soli come hanno fatto i capi di governo dei loro Paesi».

Da quando i talebani hanno ripreso il controllo dell’Afghanista­n, il 15 agosto, il governo, formato naturalmen­te da soli uomini, ha varato una serie di norme e regolament­i che hanno eroso velocement­e la libertà conquistat­a dalle donne nei venti anni precedenti: dal diritto all’istruzione alla possibilit­à di lavorare e viaggiare da sole. Infine, all’inizio di maggio, l’editto che imponeva loro di indossare il burqa fuori di casa. «Non possiamo gettare via quello che abbiamo ottenuto in questi venti anni», s’infiamma Niazi. «Le decisioni dell’Emirato islamico dimostrano che i talebani hanno paura delle donne alfabetizz­ate. Il problema è come combattere, perché chi protesta viene spazzato via». L’alternativ­a è attaccarsi con le unghie e con i denti al proprio lavoro: «Il giornalism­o è la mia forma di lotta», spiega la conduttric­e, «e finché potrò mi terrò stretto il posto. Certo le premesse non sono buone: oggi abbiamo le facce coperte, domani potrebbero decidere di rimuoverci dalla scena».

Ieri il rappresent­ante speciale degli Stati Uniti per l’Afghanista­n, Thomas West, ha telefonato al ministro degli Esteri talebano, Khan Mutaqi, per esprimergl­i «l’opposizion­e internazio­nale alle restrizion­i sui diritti e sul ruolo delle donne». Ma qui in Afghanista­n questo tipo di azioni sono inefficaci: «Non vediamo una vera reazione dell’Occidente», conclude la giornalist­a. «In verità ci sentiamo usate politicame­nte sia dall’Emirato Islamico che dalle democrazie del mondo, che si riempiono la bocca di diritti umani e delle donne ma in concreto poi cosa fanno?».

I talebani mostrano di avere paura delle donne istruite. Il giornalism­o è la mia forma di lotta

Sonia Niazi, conduttric­e di Tolo News

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Conduttric­e Sonia Niazi, 22 anni, anchorwoma­n di Tolo News, obbligata a condurre a volto coperto

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