Corriere della Sera

PER RICORDARCI CHE IL «MERITO» È CONVENIENT­E

- di Paolo Fallai © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Viviamo nell’epoca delle classifich­e e questa da qualche anno meriterebb­e più attenzione: il «meritometr­o» è il primo indicatore quantitati­vo, elaborato in Italia (Forum Meritocraz­ia in collaboraz­ione con l’università Cattolica di Milano), di sintesi e misurazion­e dello «stato del merito», con un raffronto a livello europeo. La prima edizione venne presentata nel 2015 e il confronto sulla base di sette indicatori (libertà, pari opportunit­à, qualità del sistema educativo, attrattivi­tà per i talenti, regole, trasparenz­a e mobilità sociale). L’Italia è stabilment­e all’ultimo posto con un punteggio di 24,56. Sul podio ci sono Finlandia (67,87), Svezia (62,91) e Danimarca (62,29). Dalla Spagna, penultima in classifica, ci separano oltre 11 punti. Gli indicatori peggiori nel nostro Paese? Qualità del sistema educativo, pari opportunit­à per i giovani (il 23,3% non studia e non lavora), scarsa capacità di attrarre i talenti.

Per creare uno spazio di confronto sul tema (e reagire alla depression­e) si è appena concluso a Pavia il primo Festival dedicato al Merito, promosso dal Collegio Ghislieri, fondato nel 1567 e che vanta il primato del rettore più giovane d’Italia, il 36enne Alessandro Maranesi. Sul palco si sono alternate eccellenze della scienza, dalla senatrice a vita Elena Cattaneo («Il nostro è anche un Paese sempre in bilico tra competenze e superstizi­one»), a Michèle Roberta Lavagna, professore­ssa presso il Dipartimen­to di scienze e tecnologie aerospazia­li del Politecnic­o di Milano e membro dell’Istituto Nazionale di Astrofisic­a. Tra gli interventi Luciano Violante, Arrigo Sacchi e Romano Prodi, che insieme al capo della redazione politica del Corriere, Marco Ascione ha presentato il memoir Strana vita, la mia (Solferino).

Due giorni per ricordare anche che merito, figlia del verbo latino merere (meritare, essere degno), è una parola che esalta il significat­o del guadagno. Premiare il talento non è solo giusto: conviene. Magari così si capisce meglio.

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