NON C’È VERO PACIFISMO SENZA LOTTA AGLI AGGRESSORI
Caro direttore,
vorrei esprimere qualche considerazione sui numerosi pacifisti nostrani. Il pacifismo è un’apprezzabile dottrina, da me condivisa, finalizzata ad evitare le guerre prima che deflagrino; ma se una guerra è già in atto, il pacifista dovrebbe coerentemente sostenere l’aggredito e criticare inequivocabilmente l’aggressore che l’ha provocata. Non dovrebbe auspicare la resa dell’aggredito, peraltro mai presa in considerazione da quest’ultimo, per ottenere la fine della guerra; tale atteggiamento rappresenta un implicito sostegno a favore del bellicismo, cioè un incitamento a risolvere eventuali controversie internazionali con la forza militare, soprattutto se la controparte appare più debole.
Alberto Tettamanzi
Caro signor Tettamanzi,
Tutte le generazioni di europei che hanno vissuto la lunghissima stagione di pace dopo la Seconda guerra mondiale forse hanno considerato questa situazione come scontata. Quasi fosse un elemento naturale come l’aria che respiriamo. Purtroppo non è così, l’abbiamo visto dai tanti terribili conflitti esplosi in altre parti del nostro mondo. La pace va perseguita e costruita ogni giorno, deve essere l’obiettivo costante di individui, Stati e governi. Ogni pacifista vero (e non quelli che si dichiarano così per interessi politici o personali inconfessabili) sa che respingere un’invasione, combattere una devastante aggressione armata, come quella di Putin in Ucraina, è la condizione necessaria perché questo non accada un’altra volta. Perché non si lasci il mondo alla mercé del dittatore armato di turno. È politicamente, strategicamente e moralmente giusto costringere Putin a fermarsi e mettersi al tavolo della trattativa. Tutta la comunità internazionale deve lavorare per questo obiettivo, con la diplomazia e con l’aiuto militare agli ucraini fino a quando sarà necessario.
È quello che In Italia purtroppo non capiscono quei politici molto comprensivi verso Putin e pronti soltanto a consigliare a Zelensky di arrendersi.