Corriere della Sera

Pubblico e libri venduti Mai così tanti al Salone

Oggi la chiusura, già superati i 150 mila biglietti del 2021. Editori soddisfatt­i: volano bestseller e fenomeni social

- Da una delle nostre inviate Cristina Taglietti

Ai vertici del Salone non bisogna chiedere numeri e nomi, anche se il superament­o dei 150 mila del 2021 record, ormai certo, attende solo la conferma ufficiale alla chiusura di stasera; sui nomi, invece, soprattutt­o quello della direttrice o del direttore che prenderà le redini nel 2024, dopo un anno di affiancame­nto a Nicola Lagioia, bisognerà aspettare dopo l’estate. Più brevi i tempi per capire chi ci sarà alla presidenza del Circolo dei lettori, dove è scaduto il mandato di Giulio Biino: la nomina della Regione arriverà probabilme­nte a fine mese. Sui numeri invece trionfa ovunque il segno più. Più visitatori, più vendite, più biglietti staccati. Silvio Viale, presidente dell’associazio­ne «Torino la città del libro» che gestisce l’organizzaz­ione, pratica con successo l’arte della moderazion­e e, pur soddisfatt­o, preferisce non sbilanciar­si: «Mi sembra che stia andando molto bene. Non avrei più voglia di ragionare in termini di numeri: la fiera c’è, funziona, che si faccia un visitatore in più o in meno mi interessa poco.Più grande e più piena di così, d’altronde, diventereb­be impossibil­e. L’importante è che gli editori siano contenti del lavoro che abbiamo fatto. Possiamo continuare a lavorare sulla qualità più che sulla quantità, sull’internazio­nalizzazio­ne, per esempio. Anche perché finalmente avremo il tempo di organizzar­e con un po’ di calma la prossima edizione».

Punti critici da migliorare ce ne sono sempre: «Vedremo quale sarà il percorso. Naturalmen­te — continua Viale — ci interroghi­amo continuame­nte con tutti su che cosa si possa fare meglio ma, in linea generale, direi che l’impianto costruito quest’anno è bello e vivibile. Certo, ha fatto caldo, ma non era prevedibil­e». I cambiament­i all’orizzonte non preoccupan­o Viale: «Io credo che la cosa fondamenta­le sia che ora c’è una squadra forte, fatta di persone che sanno fare il loro mestiere. Dalla logistica ai contenuti, siamo davvero in grado di portare avanti il Salone, se poi cambia qualche cosa, come può accadere per le ragioni legate al mondo politico, vedremo. L’importante è che ora c’è una istituzion­e pubblico-privata solida».

Nel Lingotto si coglie una discreta euforia anche se, come dice Giuseppe Laterza davanti al suo stand preso d’assalto per il firmacopie di Alessandro Barbero, «al Salone non si viene per vendere» ma per esserci. Ed è indubbio che molte file si sono viste non soltanto agli incontri ma anche alle casse: a spopolare sono i libri legati a serie famose di Netflix, al passapoaro­la di TikTok. Fenomeni social come Erin Doom, bestseller come Joël Dicker o Don Winslow o le Poesie da spiaggia di Jovanotti e Nicola Crocetti. Anche Daniela Di Sora di Voland annuncia soddisfatt­a di aver venduto quasi tutte le 500 copie di Amélie Nothomb e altrettant­e di Cronorifug­io di Georgi Gospodinov. Dal gruppo Mondadori si parla di un aumento medio del 35%; del 30% per GeMs, GiuntiBomp­iani, HarperColl­ins. Dalla Nave di Teseo Elisabetta Sgarbi dice che le vendite sono circa il doppio del già fortunato 2021. Il gruppo Feltrinell­i, nel giorno di sabato ha registrato un 43,52% in più sul 2021.

L’autenticit­à di Jennifer Egan

Ieri Jennifer Egan, affabile e elegante («la più grande scrittrice vivente»,l’ha presentata Teresa Ciabatti) ha parlato del suo nuovo romanzo La casa di marzapane (Mondadori) in uno degli incontri più attesi della rassegna, affrontand­o le questioni cruciali della scrittura e del presente. «In un’epoca in cui prevalgono i media, che si basano sull’artificial­ità, mi sono molto divertita ad esplorare la ricerca dell’autenticit­à nella vita delle persone» ha riassunto. Se la grande idea di Il tempo è un bastardo, romanzo con cui Egan ha vinto il premio Pulitzer nel 2011, è stata considerar­e il tempo come un soggetto e non solo come un ingredient­e essenziale della fiction, qui la scrittrice ha messo al centro lo spazio: «Siamo persone fisiche in spazi fisici. Abbiamo gravità, temperatur­a, percezioni.Il libro è pieno di situazioni che cristalliz­zano il momento in cui lo spazio e la prospettiv­a sono intrecciat­i e il modo in cui noi vediamo le cose dipende da dove siamo, da quanto siamo lontani da ciò che vediamo». Ogni capitolo del libro sposa un punto di vista e penetra in profondità nella mente di un personaggi­o e «questo è rappresent­ativo della molteplici­tà di mondi che sono in campo quando le persone stanno insieme: ognuno è una specie di spazio infinito con una storia complicata. Tuttavia insieme funzionano, grazie anche ai non detti, allo storytelli­ng che facciamo delle nostre vite, a come decidiamo di rappresent­arle davanti agli altri. Ma la visione che abbiamo l’uno dell’altro è necessaria­mente molto limitata».

Il metodo di scrittura di Egan è semplice e radicale: «Se ho avuto un’idea e chiarito come funziona, non voglio continuare a perseguirl­a ma andare contro ciò che ho stabilito per vedere che cosa succede». Sollecitat­a da una domanda del pubblico, Egan spiega anche il rapporto tra identità e scrittura che dribbla l’autofictio­n: «Vado più lontano possibile da me quando scrivo, non tanto per timidezza ma perché avere una vita diversa grazie al romanzo è l’esperienza più vicina alla trascenden­za che io conosca. La cosa più importante è che la narrativa riguarda i sentimenti delle persone».

Cartarescu, «All you need is love»

Il tempo è troppo stretto perché ci sia il confronto con il pubblico per lo scrittore rumeno Mircea Cartarescu, in dialogo con Vanni Santoni e Bruno Mazzoni, studioso e suo traduttore. Lo scrittore capace di fondere raffinatez­za di stile e immaginari­o pop con un linguaggio che attinge alla scienza, alla mistica, al videogioco (una delle sue passioni), dà una sintesi perfetta del suo romanzo più recente, Solenoide (Il Saggiatore): «È un libro etico e non puramente estetico. In Abbacinant­e quello che mi interessav­a era la frase, che fosse viva. Qui è la costruzion­e del libro, che tenta di dire qualcosa sul mondo in cui siamo confitti, come in un cubo di plexigas. Che cos’è l’essenza del mondo? Tutto si può riassumere nel classico dilemma morale: se una casa è in fiamme, che cosa scegli tra un bambino e un capolavoro assoluto dell’arte, di Vermeer, Rembrandt, se puoi salvarne uno solo? La risposta è: sempre il bambino, anche se sai che quando crescerà diventerà Hitler. Il bambino è il futuro della nostra specie, le vite non possono essere sostituite: è il senso del libro». Perciò dice Cartarescu, Solenoide è un romanzo positivo, luminoso, che offre speranza: «La risposta è quella che ha dato chiunque si sia occupato della condizione umana, che sia Dante o san Paolo. È la risposta di John Lennon: All you need is love».

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 ?? ?? Mircea Cartarescu (1956; foto Mip per il Salone)
Mircea Cartarescu (1956; foto Mip per il Salone)
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Jennifer Egan (1967; foto Sara Sonnessa/ Lapresse)
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