Alicia Vikander, eroina cult: faccio la diva soltanto sul set
«Frequento gente lontana dal cinema. A parte mio marito Fassbender»
Di cosa parliamo quando parliamo di cinema? Ci voleva un regista allergico ai confini come Olivier Assayas per rilanciare — a Cannes 75 che si è aperta con l’emozione e gli elogi per le quasi sei ore di Esterno notte di Marco Bellocchio — la domanda che domina questa edizione. A fargli da musa è Alicia Vikander, protagonista di Irma Vep, formalmente una serie (per Hbo, da noi sarà su Sky in estate), la sua seconda dopo Carlos del 2010, presentata ieri fuori gara. «Chiamatela come volete: serie, o un lungo film di otto ore. Quello che conta è che meglio vederla sul grande schermo, non lo dico per narcisismo — dice Assayas presentandolo nella sala intitolata a Agnès Varda —. Irma Vep, dialogo tra il cinema del passato e quello del presente, è l’occasione per riflettere sulla sua riformulazione, sulla sua pratica. È la prima volta che porto a Cannes un film che non è finito. Qui mostriamo i primi tre episodi o capitoli, il quarto e quinto sono ai ritocchi e stiamo montando gli ultimi tre». Una storia che il regista aveva già raccontato nel film del 1996 con lo stesso titolo con Maggie Chung nei panni di se stessa, a Parigi per interpretare il remake di un classico del cinema muto francese, la serie, in dieci capitoli, Les Vampires di Louis Feuillade con la star Musidora.
Un quarto di secolo dopo Maggie Chung il testimone è raccolto dall’attrice svedese, Oscar nel 2014 per The Danish girl, ugualmente a suo agio nei film d’autore e in ruoli d’azione come Lara Croft. Vikander è Mira, attrice hollywoodiana in crisi esistenziale: la sua fidanzata, nonché ex assistente (Adria Arjona) l’ha appena lasciata e si è sposata con il regista del suo ultimo blockbuster, Doomsday. Accetta perciò, per cambiare aria, la proposta del regista René Vidal (Vincent Macaigne), geniale ma in balia di sbalzi maniaco-depressivi, di girare il remake del classico di Fueillade, di cui in un gioco di scatole cinesi, vengono mostrate della scene. È Irma Vep, anagramma di «vampire».
Mira — e noi con lei — si troverà a confondere i piani. Realtà o finzione? Vita vera o sceneggiata? Cinema o serie tv?
«È un progetto unico, metacinema — ha spiegato lei —. Con Olivier siamo amici, mi parlava dell’intenzione di riprendere in mano quel suo film. Sul set era difficile distinguere tra chi lavorava al film e chi stava facendo il dietro le quinte. Mostriamo la fatica che sta dietro il lavoro creativo». E anche la solitudine che alcune star vivono quando si spengono le luci della ribalta, spiega Vikander, anche coproduttrice con la sua Vikarious Productions. «Mira si nasconde nei suoi personaggi, per scappare dalle emozioni reali è diventata un lupo solitario». A differenza sua. «distinguo molto tra lavoro e vita privata. Ho gli amici di sempre e la maggior parte di quelli che frequento non lavorano nel cinema. A parte mio marito, certo». Michael Fassbender. Che ieri, nei panni del signor Vikander, è stato perfetto: attento a non rubare la scena. Felice e giustamente orgoglioso.