Corriere della Sera

La seconda vita di Pioli Un capolavoro «Qui sto bene, ora via al ciclo»

«Ridatemi la mia medagliett­a»

- DAL NOSTRO INVIATO di Alessandro Bocci © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Quando Stefano REGGIO EMILIA Pioli ha lasciato la Fiorentina, il 9 aprile del 2019, era convinto che la sua esperienza nel calcio italiano fosse arrivata ai titoli di coda. «Mi vedo all’estero», aveva detto in famiglia e agli amici più fidati. Aveva già guidato, con alterne fortune, Bologna. Lazio e Inter. Il Milan è il regalo della vita, e del calcio, a un allenatore che ha avuto meno di quanto meritasse. Di Stefano hanno detto: è bravo, ma non un vincente. Ora tutto si ribalta. Nel pomeriggio appiccicos­o del

Mapei Stadium, a trentotto chilometri da Parma, casa sua,

Pioli si è preso il primo scudetto della sua vita festeggiat­o con un bagno di folla in mezzo al prato. «Il giorno più bello. Ringrazio il mio staff, i giocatori che mi hanno dato tutto e i nostri tifosi. Hanno detto che eravamo più forti con gli stadi vuoti e invece con la gente siamo migliori», dice con gli occhi lucidi e la voce ferma.

Pioli è «on fire», il fuoco che brucia, il motivetto che fa impazzire i milanisti. E l’allenatore, dopo aver travolto il Sassuolo, balla al ritmo dei cori e non si sottrae all’abbraccio soffocante del suo popolo, che invade il campo prima e dopo la premiazion­e. Anche se nella calca succede un fatto spiacevole. «Mi hanno strappato la medaglia, è la prima che ho vinto e chiedo a chi l’ha presa di farmela riavere».

Pioli da quando il calcio ha ripreso dopo la pandemia non ha sbagliato niente, superando limiti che sembravano invalicabi­li, respingend­o il fantasma di Rangnick e, da buon ciclista dilettante, scalando montagne sempre più alte. L’anno scorso è salito sino al secondo posto dietro l’Inter, consentend­o al Diavolo di ritrovare la Champions dopo sette anni. Adesso è arrivato lo scudetto della rivincita contro chi lo aveva esonerato. «Se non lo avessimo vinto per l’errore contro lo Spezia sarebbe stata dura da accettare. Per fortuna è andata diversamen­te. I momenti chiave sono stati le vittorie nel derby e all’Olimpico contro la Lazio e i tanti discorsi motivazion­ali di Ibrahimovi­c e Kjaer».

Un capolavoro tattico e psicologic­o. Pioli si merita questo trionfo. Alla Fiorentina aveva tenuto in piedi la squadra distrutta dal dolore per la morte di Astori, a cui l’allenatore ha dedicato uno dei suoi primi pensieri. «Quell’esperienza terribile mi ha reso migliore. Ma se ho vinto è perché mai mi sono sentito bene come al Milan. Qui mi sento apprezzato, una condizione che mi ha permesso di dare tutto e farmi dare tutto dalla squadra». La dedica di questo capolavoro è per il papà Pasquino che non c’è più ed è un altro momento toccante della prima conferenza con lo scudetto sul petto, sussurrata più che urlata.

Al Milan non ha sbagliato niente, perfetta la sintonia con Maldini e Massara. Ibra ha dato autorevole­zza, ma l’allenatore ci ha messo tutto il resto. Perché è innegabile che Inter e Napoli, ma anche la Juventus, abbiano una rosa migliore. Nessuno però è forte come il Diavolo nella consapevol­ezza e nella qualità del gioco. «Fuori non ci siamo mai sbilanciat­i, ma a Milanello la parola scudetto l’abbiamo pronunciat­a sin dal primo giorno. Sono stati bravi i dirigenti a fare un mix tra giovani e esperti. Prendete Maignan, è un fenomeno…». Una squadra liquida, mai con la stessa faccia. Kessie trequartis­ta a Empoli, tanto per fare un esempio, Tonali incursore a Verona e contro l’Atalanta, ultime trappole sulla strada del successo. Ma anche i terzini che diventano ali, i mediani che si dispongono in verticale uno davanti all’altro, l’invenzione di Kalulu centrale di difesa quando il mercato non ha portato il sostituto di Kjaer. Mosse vincenti, studiate, provate e perfeziona­te nel laboratori­o di Milanello. Il campionato non lo ha vinto la squadra più forte, ma la migliore. E, oltre lo scudetto, Pioli si è preso la soddisfazi­one di mettersi dietro grandi allenatori del passato. Solo Capello ha una media migliore. Stefano è davanti a Sacchi, Rocco, Ancelotti e Allegri, l’ultimo a vincere 11 anni fa. «Mi fa un certo effetto essere entrato nella storia. Ma so che gli esami nel calcio non finiscono mai: dal 4 luglio, quando ricomincer­emo, dovrò di nuovo dimostrare tutto».

Prima del suo avvento il Milan sembrava allo sbando. Ora può aprire un ciclo vincente. «L’anno prossimo in Champions da testa di serie il Milan avrà un altro impatto. Ma sono certo che anche in questa stagione, se l’avessimo affrontata qualche mese dopo, le cose sarebbero andate diversamen­te». Niente è impossibil­e. E nessuno meglio di Pioli lo sa.

 ?? (Getty Images) ?? Trionfo Stefano Pioli, 56 anni, primo scudetto da tecnico
(Getty Images) Trionfo Stefano Pioli, 56 anni, primo scudetto da tecnico

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy