Corriere della Sera

Missili e dati, la partita dei sottomarin­i

Mosca tiene la flotta alla larga dalle coste ucraine e ricorre ai sommergibi­li per il lavoro di intelligen­ce, oltre che per colpire da lontano con i missili cruise

- di Andrea Marinelli e Guido Olimpio © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’ultimo strike è arrivato solo poche ore fa: il ministro della Difesa russo ha annunciato il lancio di un missile da un sommergibi­le nel Mar Nero. Poche righe per un attore non secondario: dall’inizio del conflitto la Marina russa ha mobilitato almeno 2 sottomarin­i della classe Kilo. Di base a Sebastopol­i, sono unità moderne, «silenziose», il loro soprannome è «Black Hole» (buco nero), spinte da motori diesel/elettrici, con un equipaggio di 52 marinai. Parliamo di personale di solito ben addestrato, esperto, chiamato ad agire in un contesto particolar­e. La Flotta ha schierato gli «squali» in un quadrante relativame­nte sicuro, in quanto Kiev non ha risorse sufficient­i per contrastar­li e dunque è stato possibile impiegarli in una serie di missioni con una certa libertà.

Gli apparati

I battelli — spiega l’esperto Giuliano Ranieri — sono in grado di dare un appoggio importante nel lavoro di intelligen­ce sotto costa. Raccolgono dati elettronic­i grazie agli apparati a disposizio­ne, rastrellan­o segnali e realizzano i database informativ­i, le cosiddette «librerie». Inoltre vengono usati in appoggio a uomini rana e commandos: li portano a poche miglia dalla spiaggia, quindi gli incursori procedono con mezzi speciali. Attività «coperte», nel segno della segretezza. Chissà se gli ucraini cercherann­o di organizzar­e qualche sabotaggio, anche se i porti nemici dovrebbero essere ben protetti. L’affondamen­to del Moskva, centrato da un paio di missili Neptune, e il danneggiam­ento di un cargo invitano a non escludere nulla.

Proprio il disastro dell’ammiraglia russa ha indirettam­ente accresciut­o il ruolo dei Kilo. Mosca ha infatti tenuto al largo la sua task force di superficie per evitare altre sorprese: al momento non è infatti chiaro se l’Ucraina abbia solo i suoi missili anti-nave o, invece, abbia ricevuto nuovi ordigni. La Danimarca si è impegnata a fornire Harpoon, ma potrebbero arrivare mezzi anche da un Paese baltico: siamo nell’area grigia, gli aiuti particolar­i vanno protetti per non concedere vantaggi.

Il blocco marittimo

Il secondo fronte per i sottomarin­i — sottolinea Ranieri — è ancora più rilevante: il tiro di missili da crociera. I cruise sono sparati dai tubi lanciasilu­ri e possono raggiunger­e bersagli a distanze di 1.500-2.000 chilometri, un lungo braccio che ha avuto il suo battesimo del fuoco in Siria. Mosca ne ha riservati una quota per «battere» caserme, depositi militari, centri d’addestrame­nto ben lontani dalla prima linea. Di fatto hanno affiancato l’aviazione che nell’invasione non ha certo brillato: la media dei raid è stata di 200-300 al giorno, si è concentrat­a nella parte sud e nel Donbass, non ha mostrato grande iniziativa.

C’è anche una componente logistica. Più volte è stato scritto che gli invasori hanno dato fondo alle riserve di missili (bombe) «intelligen­ti»: non sempre ci sono scorte a sufficienz­a, serve tempo per produrli. Probabile che i russi abbiano ancora una buona quota di Kalibr per i Kilo e quindi attingono a questo arsenale per mantenere la pressione. Anche nel Mar Nero, dove Mosca mantiene il blocco che sta soffocando l’economia ucraina e provocando una crisi alimentare globale: la battaglia marittima servirà anche a riaprire le vie commercial­i e permettere le esportazio­ni di grano e prodotti agricoli.

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