Corriere della Sera

I bimbi «rubati» che ora la Russia vuole adottare

Il Cremlino velocizza e semplifica l’inseriment­o nelle famiglie dei minori ucraini fuggiti dal conflitto L’ipotesi di una strategia contro il declino demografic­o

- Di Federico Fubini

Dopo tre mesi di guerra sono circa un milione gli ucraini che risultano ufficialme­nte «profughi» all’interno della Federazion­e Russa: 920 mila secondo l’Alto commissari­ato per i rifugiati delle Nazioni Unite, ancora di più secondo il governo di Kiev. Pochi fra loro hanno scelto liberament­e di trasferirs­i nel Paese che ha scatenato questo conflitto: quasi tutti lo hanno fatto perché non è stato dato loro altro modo di fuggire dalle zone di combattime­nto. Molti sono stati di fatto costretti a andare in Russia o deportati di là dalla frontiera. Di questi quasi duecentomi­la sono minorenni e adesso almeno 1.700 bambini si trovano in Russia da soli, non accompagna­ti: i genitori sono morti o sono dispersi e loro non hanno familiari con loro sui quali appoggiars­i.

Adesso stanno diventando bottino di guerra, anche loro. Una nota ufficiale di sette giorni fa del Commissari­ato «per la protezione dei bambini presso la presidenza della Federazion­e Russa», un’emanazione diretta di Vladimir Putin, spiana la strada all’adozione sistematic­a dei bambini ucraini deportati senza genitori da parte di famiglie russe. I primi esperiment­i in questo senso sono già partiti nella regione di Mosca. Ora i provvedime­nti del commissari­o del Cremlino, Maria Lvova-Belova, renderanno molto semplice e rapido l’inseriment­o di questi minori non accompagna­ti ucraini in famiglie russe. Per queste ultime, sono previsti anche corsi di formazione a questo scopo.

Vista da Mosca, l’intera operazione viene presentata come un’iniziativa umanitaria. Visto da Kiev, è un furto di bambini. «È una violazione, vogliono far adottare in Russia i figli della nostra Nazione dopo averli deportati — commenta dal World Economic Forum di Davos la parlamenta­re ucraina di opposizion­e Yulia Klymenko —. Il nostro governo sta valutando un ricorso internazio­nale contro queste misure».

Formalment­e il provvedime­nto russo — si legge in un comunicato del commissari­ato presidenzi­ale del 16 maggio — riguarda «orfani e bambini rimasti senza cura genitorial­e che hanno la cittadinan­za delle repubblich­e di Donetsk e Lugansk o dell’Ucraina». Presto potranno essere adottati dalle famiglie come se fossero russi, presentand­o pochi semplici documenti. I territori di provenienz­a dei bambini compresi nel provvedime­nto sono vasti, anche se in teoria esso riguarda le aree di guerra del Donbass: Mosca per esempio considera oggi parte delle autoprocla­mate repubblich­e di Donetsk e Lugansk anche Mariupol, da cui almeno 40 mila persone sono dovute fuggire verso la Russia. Persino gli orfani di guerra o i minori non accompagna­ti della città più martirizza­ta dai russi potrebbero diventare cittadini di fatto del Paese aggressore.

Così questa guerra è combattuta ormai anche attorno ai bambini, come fossero un trofeo del campo di battaglia. E dal punto di vista di Mosca, si capisce: dalla dissoluzio­ne dell’Unione Sovietica nel 1991 il Paese ha perso quattro milioni di abitanti e oggi il tasso di fertilità, a 1,5 figli per donna, non consente di fermare il declino demografic­o. «Sta diventando plausibile che nella Russia di oggi il potere politico senza il bisogno di ampliare la platea del pubblico indottrina­bile e di crescere giovani che vadano a rafforzare l’esercito» osserva Andrei Kolesnikov, responsabi­le del programma Russia del Carnegie Endowment for Internatio­nal Peace a Mosca (che da qualche settimana è stato chiuso).

È presto per capire quale sarà l’impatto delle nuove misure di Mosca sui bambini rapiti da Mariupol, dal Donbass o portati in Russia attraverso la Bielorussi­a durante l’assedio di Kiev. Di certo questa è la guerra di un’aspirante potenza imperiale demografic­amente in affanno. E molti piccoli innocenti ne stanno già facendo le spese.

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(Ap) Mariupol Una ragazza gioca a calcio in un campo profughi nel territorio sotto il governo della Repubblica popolare di Donetsk

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