Corriere della Sera

«Ora Pechino alzerà i toni Ma non ci sarà escalation e neppure un’altra guerra»

Ian Bremmer: la Casa Bianca ha ribadito una politica nota

- di Giuseppe Sarcina DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

WASHINGTON «È un leggero cambiament­o della posizione tradiziona­le. Non era necessario farlo: mi sembra più una gaffe che una mossa calcolata». Il politologo Ian Bremmer, 52 anni, fondatore e presidente di Eurasia group, consiglia di ridimensio­nare l’ultima uscita di Joe Biden su Taiwan.

Il presidente americano, però, si è «impegnato militarmen­te» a difendere l’isola minacciata dalla Cina...

«Lo ha già detto un paio di volte. E la Casa Bianca è sempre intervenut­a per spiegare che non cambia niente rispetto alla posizione tradiziona­le degli Stati Uniti. A Tokyo è successa la stessa cosa. Il presidente ha risposto a una domanda diretta che metteva in relazione Ucraina e Taiwan».

A Washington si teme che Xi Jinping possa approfitta­re della guerra per ordinare un blitz...

«Non credo che Xi Jinping lo farà. Gli Stati Uniti stanno guidando una reazione molto forte contro l’invasione dell’Ucraina. Ho l’impression­e che per i cinesi tutto ciò sia servito da lezione».

Quindi nell’Amministra­zione Biden non c’è la sensazione di una minaccia incombente?

«Non credo. Anzi, ci sono segnali che vanno in direzione opposta. Per esempio sappiamo che la segretaria al Tesoro, Janet Yellen, sta pensando di ridurre o addirittur­a togliere i dazi sulle importazio­ni di merci cinesi. Inoltre i consiglier­i di Biden hanno escluso Taiwan da questo nuovo progetto economico che dovrebbe mettere insieme 13 Paesi nella regione dell’Indo-Pacifico (l’Ipef, Indo-Pacific Framework, ndr)».

Ma in ogni caso le parole di Biden non sono piaciute ai cinesi. Che ci dobbiamo aspettare?

«Sì, penso che siano state interpreta­te in una maniera più affilata di quanto in realtà fossero. Non so se Biden lo abbia fatto in maniera intenziona­le. A me è sembrata più una gaffe. È chiaro, però, che Pechino doveva rispondere in modo secco. Probabilme­nte ci sarà un aumento della tensione, anche se non mi aspetto un’escalation pericolosa. In questa fase i cinesi hanno un sacco di problemi interni. In prospettiv­a il governo di Xi Jinping potrebbe reagire come ha sempre fatto quando pensava di aver subito un torto. Ci sarà un raffreddam­ento delle relazioni diplomatic­he bilaterali. Gli americani dovranno fare uno sforzo per recuperare, mentre i cinesi continuera­nno a sottolinea­re la loro irritazion­e».

Da questo punto di vista, Biden sta diventando un problema sul piano della comunicazi­one?

«Beh, sicurament­e nell’Amministra­zione non sono contenti per questo genere di sortite. La strategia americana si muove su un sentiero molto stretto. L’idea è costruire una coalizione partendo dalla formula del Quad, quindi con Giappone, India e Australia per contenere l’espansioni­smo cinese. Nello stesso tempo Biden insiste sulla contrappos­izione tra le democrazie e le autocrazie, sulla necessità che la Cina rispetti i diritti umani. Come si vede ci sono già tante cose che non piacciono a Pechino. Ecco perché nell’Amministra­zione c’è chi pensa che non fosse assolutame­nte necessario tirare fuori la questione di Taiwan in quei termini».

Il viaggio di Biden in Asia ha ottenuto anche qualche risultato positivo?

«Certo. Il presidente ha rafforzato una risposta coordinata contro la Russia anche in questa sfera del mondo. Agli alleati europei si sono uniti l’Australia, il Giappone , perfino la Corea del Sud che collaborer­à con gli americani anche nel settore della cyber security. È un fatto molto importante, per niente scontato».

E poi c’è il tentativo di costruire un patto economico e commercial­e anti Cina...

«Finora questa è stata la parte più debole della politica estera americana. Nella discussion­e con gli Stati asiatici e del Pacifico manca tutto il settore digitale e inoltre gli Usa non vogliono aprire i propri mercati agli altri. E questo è un problema serio».

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(Ap/E. Hoshiko) La cerimonia Il presidente americano Joe Biden e il premier giapponese Fumio Kishida durante la cerimonia di benvenuto a Tokyo

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