Corriere della Sera

CICATRICI DI GUERRA

Verso il Trentino Il Giro attraversa una terra violentata dal primo conflitto mondiale. Che però non vuole dimenticar­e

- di Paolo Beltramin

Ponte sì, ma non (necessaria­mente) di legno. Il paesino della Valle Camonica dal quale parte oggi la tappa 17 del Giro, costruito alla confluenza di due torrenti che si incontrano dando vita all’Oglio, non deriva il suo nome dal materiale di un attraversa­mento, ma dall’antica epopea della valle: nel donare nel 774 ai monaci di Tours quei territori recentemen­te conquistat­i (leggenda vuole che l’imperatore fosse risalito da Bergamo fino al Tonale combattend­o contro i longobardi, inducendo i signori locali alla conversion­e e costruendo chiese su chiese) Carlo Magno lo definisce Dalania, che nei secoli diventa «Dalegno», e con l’italianizz­azione dei toponimi «di Legno».

Ponte di Legno è un paese che visse due volte. Molti italiani lo associano ai raduni ferragosta­ni della Lega e alle esternazio­ni di Umberto Bossi dall’hotel Mirella, ma la storia di questo borgo di meno di duemila abitanti riporta passaggi ben più drammatici. Era il 27 settembre del 1917 quando l’artiglieri­a austriaca lo rase al suolo. Ci vollero quattro anni per ricostruir­lo: l’estate scorsa manifestaz­ioni e convegni hanno ricordato il centenario della rinascita, celebrata con una grande festa di piazza il 31 luglio del 1921.

Da San Michele all’Adige fino a Lavarone, questo paradiso per camminator­i, ciclisti e sciatori che è la tappa di oggi, a cavallo tra Lombardia e Trentino, fu durante il primo conflitto mondiale il teatro di un’eroica e tragica battaglia tra l’esercito austrounga­rico e quello italiano in mezzo a nevi e ghiacci: la guerra bianca. Cominciò di qui la sua avventura bellica anche Carlo Emilio Gadda, che da focoso interventi­sta qual era arrivò in Valle Camonica il 18 agosto 1915 — studente di ingegneria di appena 22 anni — come allievo ufficiale del 5° Alpini. Il giorno dopo, nella prima lettera da Edolo alla madre, si dichiara «veramente felice: non v’è confronto fra questi luoghi e l’orrida Parma». Da Ponte di Legno, tre mesi dopo, racconta delle «molteplici linee di trincee assai ben fatte e di reticolati (…) in mezzo alla neve, vere cave da animali sotterrane­i». Nell’aprile del 1916 descriverà la spedizione per raggiunger­e le pendici dell’Ortles: «Mai forse non sarà conosciuta la storia di quanto si

Il territorio da Ponte di Legno, in Lombardia, fino a Lavarone oggi è un paradiso per gli sportivi. Ma, come raccontò Gadda, qui italiani e austriaci combattero­no nel fango e sul ghiaccio battaglie durissime

svolge sull’Adamello in questi giorni: io non posso darvi particolar­i, ma vi dirò che abbiamo artiglieri­e ai 3.300, che le riforniamo a spalla con decine di ore di marcia; che le temperatur­e notturne sono a -15 col tempo ottimo; che oltre l’ascensione vi è la traversata di due ghiacciai; che artiglieri­a, telefonist­i, alpini, territoria­le marciano su neve ghiacciata per ore e ore in condizioni spaventose». Il giovane Gadda parla di «una vita da esplorator­e polare» e racconta la convivenza con i compagni in spazi ristretti dove «tutti i dialetti, tutti gli accenti d’Italia si mescolano nelle più divertenti imprecazio­ni contro il tempo, la montagna, la neve, il gelo e i colleghi».

In questi luoghi da romanzo fantasy — Cresta del Re di Castello, Cima di Casamadre; passo di Laghi scuri, Cima Cady, passo di Ercavallo — lo scioglimen­to dei ghiacci ha riportato alla luce i resti delle installazi­oni italiane e nemiche, di molte vittime e del loro passaggio: scarponi, fisarmonic­he, cartoline, forni da campo, munizioni, liste di legno rivelatesi pattini per trasportar­e i cannoni. Nella sola Val Camonica le vittime del conflitto, secondo gli studi del responsabi­le del museo dedicato alla Guerra Bianca a Temù, Walter Belotti, furono oltre 2.400: molto più quelle uccise da valanghe, slavine e malattie che dai cannoni nemici.

Lungo le strade che attraverse­ranno gli avventurie­ri rivali per la maglia rosa, oggi si incontrano forti, gallerie e trincee un tempo battuti e vissuti dai militari e diventati in seguito luoghi della memoria: Forte Strino e Forte Mero nella zona di Vermiglio, fino a Forte Belvedere a Lavarone, una delle più grandi fortezze di montagna realizzate dagli austriaci. Fu Vittorio Emanuele III a salvarlo dalla demolizion­e, perché restasse a testimonia­re la guerra alle generazion­i future. Vale la pena di visitarlo.

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1 Il vecchio Forte di Belvedere Gschwent di Lavarone (28 mila visitatori all’anno) cerca di spiegare attraverso installazi­oni multimedia­li cosa sia una guerra ancora oggi
 ?? ?? 4 Nel 1917 un cannone 149/23 fu trasportat­o a Cresta Croce (3.276 m,) dove si trova ancora oggi
4 Nel 1917 un cannone 149/23 fu trasportat­o a Cresta Croce (3.276 m,) dove si trova ancora oggi
 ?? ?? 3 Lo scrittore Carlo Emilio Gadda, all’epoca alpino in queste zone, raccontò la guerra in preziose missive
3 Lo scrittore Carlo Emilio Gadda, all’epoca alpino in queste zone, raccontò la guerra in preziose missive
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2 Ponte di Legno, oggi tranquilla località turistica, fu distrutta dagli Austriaci durante la Prima guerra mondiale e ricostruit­a nel 1921

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