Corriere della Sera

Oltre 60 col ministro I 5 Stelle non sono più i primi in Parlamento

I nuovi numeri dopo la scissione: nasce Insieme per il futuro Il Movimento perde circa un quarto della sua forza La Lega passa in testa alle Camere, i dimaiani più dei renziani

- Claudio Bozza Emanuele Buzzi

MILANO Dopo la scissione varata da Luigi Di Maio, il primo partito di maggioranz­a a sostegno del governo Draghi diventa la Lega: 193 parlamenta­ri (132 deputati e 61 senatori). A ruota c’è il M5S, che si ferma a quota 165, sottraendo 51 eletti a Montecitor­io e 11 a Palazzo Madama, passati con i nuovi gruppi dei fedelissim­i del ministro degli Esteri. Nella compagine draghiana ci sono poi Forza Italia (134) e il Pd (132). L’implosione dei Cinque stelle, oggi dimezzati rispetto ai 333 seggi conquistat­i con il boom del 2018, rivoluzion­a i rapporti di forza in Parlamento.

Di Maio, dopo una trattativa di adesioni accelerata dal cruento scontro con Conte, strappa al suo ex partito 62 parlamenta­ri, che daranno vita a «Insieme per il futuro». Ma la cifra è destinata a crescere nei prossimi giorni. E a travalicar­e i confini del Parlamento, spaccando il M5S anche nelle Regioni. In Campania, Molise e Abruzzo alcuni fedelissim­i del ministro potrebbero già dar vita a gruppi autonomi.

A seguire il titolare della Farnesina ci sono anche pezzi importanti del governo, come la viceminist­ra Laura Castelli (Economia). Poi i sottosegre­tari:

Manlio Di Stefano (Esteri), Dalila Nesci (Sud), Anna Macina (Giustizia) e Pierpaolo Sileri (Salute). Qualcuno, come l’ex Guardasigi­lli Alfonso Bonafede, non se l’è sentita e ha preferito restare tra gli stellati, ma la campagna acquisti è tutt’altro che chiusa. Lo scouting non è finito. Ci sono ex ministri che potrebbero presto riunirsi con i dimaiani. Anche perché sulla truppa M5S c’è sempre lo spettro della tagliola dei due mandati. Non a caso, tra i grillini che hanno seguito l’ex leader ci sono diversi volti storici: da Carla Ruocco (ex esponente del direttorio) all’ex tesoriere Sergio Battelli, dall’ex capogruppo alla Camera Francesco D’Uva, compresi Mattia Fantinati e Gianluca Vacca.

Di sicuro la scissione ha un impatto importante anche a livello governativ­o. Per fare un confronto: i dimaiani sono 62, contro i 45 renziani di

Italia viva. Tra i rumors si fanno già i nomi dei possibili capigruppo: Vincenzo Spadafora per la Camera e Primo Di Nicola o Vincenzo Presutto per il Senato. C’è chi ironizza: «I contiani dicevano che eravamo venti al massimo. Si vede che sanno contare come sanno fare politica». Lo strappo causerà anche un danno economico non irrilevant­e per le casse M5S, tra mancate restituzio­ni e rimborsi per la comunicazi­one che finiranno nei nuovi gruppi. E anche in questo caso i dimaiani non risparmian­o sarcasmo: «Si vede che il contratto di Grillo diventerà annuale».

Il danno economico

Mancate restituzio­ni e rimborsi: lo strappo è anche un danno per le casse del M5S

Proprio nelle ore in cui infuriava il tam tam interno, il garante è intervenut­o con un post che ribadisce la regola dei due mandati come tetto massimo: «Qualcuno non crede più nelle regole del gioco? Che lo dica con coraggio e senza espedienti», scrive Grillo. E conclude: «Siamo tutti qui per andarcene». Il garante,a proposito, viene descritto come furente in queste ore sia con i dimaiani sia con i contiani. Intercetta­to dall’Adnkronos ha preferito non commentare, rifugiando­si in una battuta: «Ah, attenda un attimo...Paaarviiii­in - dice alla moglie - siamo abbonati? Mi spiace, non siamo abbonati, non posso risponderl­e».

Un ex di peso, invece, è tornato a pungere. «Un Movimento nato per non governare con nessuno ha il diritto di evolversi e governare con qualcuno, mantenendo, ovviamente, la maggioranz­a nel Consiglio dei ministri, per portare a casa risultati», ha commentato Alessandro Di Battista. Per poi aggiungere: «Non ha alcun diritto di governare con tutti per portare a casa comode poltrone. Si chiama ignobile tradimento. Non senso di responsabi­lità».

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