Il Cremlino minaccia Vilnius sul «blocco» di Kaliningrad
Patrushev: «Conseguenze sulla popolazione lituana». Deputati e politologi adombrano ritorsioni Convocato l’ambasciatore italiano
Dopo la prima reazione del Cremlino, sono arrivate ieri le parole del segretario del Consiglio di sicurezza Nikolaj Patrushev che ha parlato proprio da Kaliningrad, l’enclave russo tra Polonia e Lituania. Le limitazioni al transito di merci dalla madrepatria verso questa regione isolata «avranno conseguenze che si faranno sentire in maniera fortemente negativa sulla popolazione lituana».
Mosca non accetta la spiegazione di Vilnius che dice di stare semplicemente attuando le decisioni della Ue. E la tensione sale, con anche il nostro ambasciatore convocato al ministero degli Esteri dopo che il rappresentante russo a Roma era dovuto andare alla Farnesina per le sue uscite sulla politica interna italiana. Patrushev è stato lapidario ieri. «Non solo non ci si può fidare delle assicurazioni verbali dell’Occidente, ma nemmeno di quelle scritte», ha detto, riferendosi agli accordi del 2002 in vista dell’adesione lituana alla Ue: «Garanzia di transito ininterrotto di cittadini e merci».
Kaliningrad, che allora si chiamava Königsberg ed era la capitale della Prussia Orientale, passò dalla Germania all’Urss alla fine della Seconda guerra mondiale, dopo la conferenza di Potsdam (Stalin, Churchill e Truman). Si trova in un’area che è sempre stata caldissima durante il secolo scorso, non lontano da Danzica che col suo corridoio fu al centro del contenzioso tra la Polonia e Hitler. Königsberg, dove era nato il filosofo Kant, venne poi assegnata da Stalin alla repubblica russa col nome del suo vecchio amico Kalinin. Una parte di quell’area, quella di Memel con il porto di Klaipeda, fu invece aggregata sempre alla Lituania.
E qui veniamo alle ipotesi di ritorsioni di Mosca avanzate da deputati e politologi russi. La prima potrebbe essere proprio quella di dichiarare nulla quella cessione. Memel era dell’Urss e dovrebbe tornare alla Russia che è erede dell’Unione Sovietica in tutto e per tutto in base agli accordi del 1991 (si è addossata tutti i debiti, ha ricevuto tutte le proprietà all’estero, eccetera).
Altra ipotesi, quella alla quale forse pensa Patrushev, è di staccare la Lituania dalla griglia elettrica che unisce Bielorussia, Russia, Estonia, Lituania e Lettonia (Brell). Vilnius non potrebbe funzionare autonomamente perché nel 2009 ha spento la vecchia centrale nucleare di Ignalina.
Il deputato Fyodorov ha poi presentato una proposta di legge per dichiarare illegittima l’uscita della Lituania dall’Urss nel settembre 1991 perché decisa dal Consiglio di Stato di Gorbaciov che non aveva quel potere. Ultima ipotesi, decisamente conflittuale, prevederebbe l’annullamento dell’accordo con l’Europa perché non è più garantito «il libero transito» oppure la creazione (con la forza?) di un corridoio sul tipo di quello di Danzica. Dovrebbe attraversare il territorio della Lituania e quello della Polonia nella zona di Suwalki, unendo Kaliningrad alla Bielorussia. Il corridoio avrebbe come effetto secondario quello di tagliare fuori i tre Paesi baltici dal resto della Nato. Quello di Danzica, richiesto dai nazisti e non concesso, portò allo scoppio della Guerra mondiale.