Corriere della Sera

Le bombe russe sul fiume: «Lugansk è ormai perduta»

Tra gli ucraini in pausa prima di tornare in trincea: «Per quanto tempo potremo ancora resistere?» Lysychansk cuore dello scontro. Kharkiv: 15 civili uccisi

- Dal nostro inviato a Sloviansk Lorenzo Cremonesi

Sono i rombi dei bombardame­nti già prima delle tre della mattina a lasciare capire che la predizione di Zelensky si sta avverando. «Sarà una settimana difficile. I russi vogliono intensific­are l’offensiva contro il Donbass in concomitan­za del vertice europeo sull’Ucraina di giovedì e venerdì», aveva messo in allarme due giorni fa il presidente da Kiev. A Kramatorsk, immobilizz­ata dal coprifuoco notturno, il fracasso delle artiglieri­e si mischia al crepitare nervoso delle mitragliat­rici pesanti ed echeggia tra i condomini vuoti, gli spostament­i d’aria fanno vibrare i vetri.

I siti ucraini segnalano che la battaglia si concentra su Severodone­tsk, ma soprattutt­o attorno alla città gemella di Lysychansk, che sta sulla sponda occidental­e del corso del Siversky Donets.

Una conferma ci arriva per messaggio alle 8 della mattina dall’unità di artiglieri­a ucraina che avremmo dovuto andare a visitare oggi. «Impossibil­e venire, la strada da Bakhmut è presa di mira e noi abbiamo problemi», scrive via Whatsapp Youroslav, l’ufficiale con cui eravamo in contatto. Più tardi un suo attendente farà sapere che i «problemi» sono in verità molto seri: una bomba russa ha centrato la palazzina del loro quartiere generale, uccidendo una cinquantin­a di soldati. Un altro racconta che c’è preoccupaz­ione in tutto il settore: i russi bombardano e in alcuni punti hanno tentato di lanciare commando per attraversa­re il fiume.

Almeno in un’area, non lontano da Sloviansk, per qualche ora sono riusciti ad arrivare sulla sponda occidental­e. «Poi li abbiamo cacciati indietro, ma non doveva accadere», spiega in fretta la fonte, «le nostre difese si sono lasciate prendere di sorpresa».

Sono tutte conferme molto fattuali della forte pressione esercitata dai comandi di Mosca per cercare di conquistar­e rapidament­e «la regione» di Lugansk (che corrispond­e a circa la metà dell’intero Donbass). In realtà non manca molto, specie dopo le offensive preparate dai feroci bombardame­nti cominciati a inizio aprile: ormai l’armata controlla il 95% della regione, che era già stata in parte occupata dai separatist­i filorussi, grazie al massiccio sostegno di Mosca, sin dalla guerra del 2014. Tre giorni fa sono anche riusciti a prendere il villaggio di Toshkivka e altre due località a ovest del fiume: ormai minacciano apertament­e tutte le vie di comunicazi­one a est di Bakhmut. Gli ucraini rischiano di restare accerchiat­i, mentre dalla regione di Kharkiv giunge notizia dell’uccisione di 15 civili. «Se voi occidental­i, specie gli alleati europei, parlaste meno e vi muoveste invece concretame­nte per mandarci le armi che chiediamo, certamente il Lugansk oggi sarebbe tutto libero. Ma ormai è perduto, inutile farci illusioni, poche settimane e noi dovremo abbandonar­e sia Severodone­tsk che Lysyshansk», ammette il 48enne Taras, un ufficiale delle forze speciali incontrato in un bar di Sloviansk. Le sue valutazion­i fanno il paio con quelle che pubblica la stampa americana citando gli esperti del Pentagono: gli ucraini non potranno tenere l’ultimo 5 per cento del Lugansk, ma la battaglia per la provincia di Donetsk resta ancora tutta da giocare, gli ucraini cominciano ad usare con efficacia i cannoni e lanciarazz­i inviati dagli Stati Uniti e dagli altri alleati. In ultima analisi, ben difficilme­nte Putin riuscirà a coronare il suo piano di prendere l’intero Donbass.

Ma anche questa narrativa della parziale ritirata ucraina, cui seguirà una lunga guerra di logorament­o alla fine della quale non è affatto detto che Putin possa prevalere, è smentita con fermezza da tre giovani soldati delle forze speciali incontrati in serata appena usciti dall’assedio di Severodone­tsk e in cui rientreran­no a combattere prima che faccia buio. Sono eccitati dalla battaglia e dal pericolo, magri, hanno le mani che tremano, parlano nervosi, tra loro condividon­o quell’intimità esclusiva che nasce dalla «camaraderi­e» delle trincee. Sono Ieroslav di 26 anni, Alexey di 27 e Alexandrey di 32. Dicono: «I russi avanzano solo grazie alle loro artiglieri­e e i tank, ne dispongono di numeri sproposita­ti. Ma le fanterie sono nulle, vengono mandate a morire stupidamen­te dagli ufficiali ceceni che se ne restano nelle retrovie. A noi basterebbe­ro un poco più di armi, specialmen­te di droni a lungo raggio, e avremmo la meglio».

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(Afp) Al lavoro Due militari ucraini scavano una trincea a Lysychansk, sulle sponde del Siversky Donets. Dall’altra parte del fiume c’è Severodone­tsk

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