Bonomi: «Il mio impegno con Zelensky su rinnovabili, meccanica e alimentare»
Non è un caso, se Carlo Bonomi è stato il primo leader di un’associazione di imprese d’Europa occidentale a visitare Volodymyr Zelensky. Nell’élite di governo di Kiev non è passato inosservato il fatto che l’Italia abbia sostenuto per prima, fra i Paesi fondatori, l’idea di riconoscere l’Ucraina come candidata all’ingresso nell’Unione Europea. In realtà l’incontro del presidente di Confindustria con il leader ucraino era in discussione da tempo e il viaggio del premier Mario Draghi a Kiev era l’ultimo passaggio per il via libera.
Bonomi a Kiev ha sottoscritto con il governo ucraino un memorandum sulla ricostruzione — ha detto il leader di Confindustria — «che fissa i presupposti per l’impegno delle filiere industriali italiane». Al Corriere il presidente di Confindustria indica tre aree dalle quali la collaborazione potrebbe partire: «Energie rinnovabili, meccanica e settore agroalimentare». Ma aggiunge Bonomi: «Tutta l’industria italiana è disponibile a fare il necessario, dato che il processo di pace deve passare per la ricostruzione». Il memorandum fra governo ucraino e industria italiana non entra nei dettagli, ma le esigenze del Paese sono enormi e lo è anche il portafoglio di possibili settori coinvolti. L’Ucraina ha bisogno di imprese competenti nella realizzazione di siti industriali e nelle infrastrutture, di gruppi che aiutino nel realizzare un registro digitale della ricostruzione e anche di mezzi per lo sminamento del Mar Nero. Il sostegno del governo italiano a Kiev, considerato in Ucraina più netto di altri in Europa, rende più facile che le imprese del Paese siano coinvolte. Bonomi vede un partenariato industriale di tre tipi: «All’interno di progetti speciali europei, di progetti nazionali nel rapporto diretto fra governi e sia in forma di cooperazione congiunta diretta fra imprese e filiere industriali italiane e ucraine».
Restano però degli ostacoli e non solo perché la battaglia del Donbass continua. A Kiev si è consapevoli dell’idea, diffusa al Cremlino, di continuare a lungo il lancio di missili sull’Ucraina proprio per scoraggiare le imprese estere dal partecipare alla ricostruzione. Vladimir Putin vuole fare dell’Ucraina uno Stato fallito e non cederà facilmente. Ci sono poi delle rassicurazioni che Bonomi stesso avrà dovuto dare a Kiev, dove si dev’essere notato come al recente summit economico di San Pietroburgo, con Putin, hanno preso la parola con entusiasmo due italiani: Alfredo Gozzi a nome di Confindustria Mosca e Vicenzo Trani per la Camera di Commercio italo-russa. Dei 39 grandi marchi italiani in Russia, 16 rimangono nel Paese. Vista dagli uffici centrali di Roma, Confindustria Mosca appare oggi come un’entità separata che usa il nome dell’associazione senza alcun controllo. Per Bonomi la prova della verità — anche nei rapporti con Kiev — sarà mostrare che quell’ufficio di Mosca presto verrà chiuso o ristrutturato.