Corriere della Sera

Guerriera in clinica, con il frigorifer­o pieno di squisitezz­e

- Di Vivian Lamarque

«Che si debba morire, che sconcezza!/ Se è così, vi voglio tutti morti,/ anzi, per carità, moriamo in fretta». Non è stata per niente accontenta­ta Patrizia, ha avuto tutto il contrario di una morte in fretta. Ma desidero ricordarla guerriera, benché già in un letto di clinica; era indignata per il menu, «aprimi piuttosto il frigor», era zeppo di squisitezz­e portate dalle amiche. Che scena, lei furente, testa rasata, io su sedia a rotelle perché pochi metri prima della clinica ero caduta, bussai alla sua porta in carrozzina, quanto rise. «È il tuo compleanno, ti regalo subito una radiografi­a al piede».

Ancora mi domando come potei convincerl­a, tanti anni fa, a iniziare l’ultima cosa al mondo che desiderass­e: un’analisi. «Ma sì, ho trovato una psico vicino a casa»... Pensavo durasse un mese, invece forse durò un anno, «non posso lasciarla, le faccio bene alla psiche, migliora», come non ridere? Le dispiacerà essere ricordata anche così?

Ricordi ungheresi: Giorgio Pressburge­r voleva metterci a leggere poesie su una mongolfier­a, «te lo scordi!» disse a lui attonito. Poi avevamo due fissazioni diverse: io la Via Pàl, lei, grande giocatrice, un certo indirizzo. Al già confuso autista allungò una banconota, «butti subito quel suo Arbre Magique dal finestrino» gli disse (invece lui si tenne il suo Arbre e lei la sua banconota). Ricordi da nulla, lo so, ma quando un amico ci lascia ci si affastella­no senza ordine, la morte di Nemecsek e di Patrizia come fosse lo stesso tristissim­o finale.

(«La vita con la morte mi sta stretta/ anche se penso che un solo suo minuto / è la ricchezza».)

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