L’ultimo tango a casa Da Di Maria a Messi, è la nostalgia argentina
Volver. Tornare. A pensarci, è tutto spiegato lì. In quel tango di Carlos Gardel del 1934 che per molti argentini è a metà fra un inno e una preghiera. «Chi va via, prima o poi torna» spiegava Diego Armando Maradona ai suoi amici napoletani, ai tempi in cui giocava in Italia e faceva avanti e indietro da Buenos Aires. Sono passati trent’anni, ma la storia non cambia: la nostalgia degli argentini è una regola di vita. Chiedere ad Angel Di Maria, che alla Juventus ha detto chiaro e tondo che un anno di contratto basta e avanza. «Poi voglio tornare a casa mia», ha ribadito più volte il Fideo agli emissari di Madama, che preferirebbero un biennale soprattutto per una questione di vantaggi fiscali.
Nella testa (e nel cuore) l’attaccante sa bene cosa vuole più di tutto: giocare un’ultima stagione ad alto livello in Europa, anche per arrivare al Mondiale in Qatar di novembre nelle condizioni migliori, per poi tornare nella sua Rosario, la città del Che, sull’immenso fiume Paranà, dove
tutto ebbe inizio nel 2005, quando debuttò nel Central prima di sbarcare in Europa.
Il derby di Rosario, quello fra i «lebbrosi» del Newell’s e appunto le «canaglie» del Central è senza dubbio uno dei più incandescenti d’Argentina. L’ultima volta, a novembre, è finita in guerriglia urbana: bombe carta, palazzi incendiati. E chissà che fra un paio d’anni il derby rosarino non metta di fronte Di Maria e Lionel Messi, che è cresciuto nelle giovanili del Newell’s senza però mai debuttare in prima squadra. L’ha detto senza girarci intorno qualche anno fa, in un’intervista a Espn: «Non so per quanto tempo giocherò con il Newell’s
ma un giorno lo farò. Desidero giocare l’ultima parte della mia carriera in Argentina, voglio vedere cosa si prova giocando nel mio Paese». In Argentina il fùtbol è religione, lo riconosceva perfino Jorge Luis Borges, che pure non aveva grande stima del calcio: «Il calcio è popolare perché la stupidità è popolare».
Dal citato Pibe de Oro a Daniel Passarella, che dopo aver giocato in Italia con Fiorentina e Inter tornò per l’ultimo ballo nel suo amato River Plate nell’89: la lista di chi ha scelto di «volver» è infinita. Dopo i magnifici anni interisti, culminati col Triplete, Diego Milito nel 2014 giocò due anni nel Racing dove aveva iniziato da ragazzino, per poi diventare a carriera conclusa anche dirigente. Qualcosa di simile a quanto capitò a Juan Sebastian Veron, che dopo il biennio interista tornò all’Estudiantes di cui oggi è vicepresidente. Significativa anche la storia di Carlitos Tevez, che nel 2019 tornò al Boca, il club che da bambino lo aveva levato dalla villa miseria di Fuerte Apache. Quando nel 2018 tornò alla Bombonera, non riuscì a trattenere le lacrime: «Ho girato il mondo, ma la verità è che non sono mai andato via da casa mia». Come in un tango, claro.