Draghi al Colle dopo il via libera «Fondamentale l’unità su Kiev»
Sì della Camera alla risoluzione, premier e ministri da Mattarella La scissione nei Cinque Stelle non si ripercuote sull’esecutivo In Aula FdI si astiene. Meloni: difendere l’interesse nazionale
ROMA In mattinata ottiene il voto a larghissima maggioranza (410 sì, 29 no e 34 astensioni, quelle di Fratelli d’Italia) che dopo quello del Senato dà il via libera anche della Camera alla risoluzione di indirizzo e sostegno al governo sulla guerra in Ucraina e le politiche connesse, sulla base della quale oggi e domani a Bruxelles si confronterà al Consiglio europeo. A pranzo, Mario Draghi con i ministri Di Maio, Lamorgese, Guerini, Franco, Giorgetti e Cingolani sale al Quirinale per la tradizionale illustrazione delle linee guida prima del vertice europeo e di fatto ottiene da Sergio Mattarella la certificazione che il governo può andare avanti senza ulteriori passaggi, nonostante la drammatica spaccatura del M5S sancita martedì.
D’altra parte, è lo stesso Giuseppe Conte ad assicurare che «anche se siamo stati messi molto in difficoltà, come vedete il sostegno a Draghi non è in discussione. E non è in discussione la nostra collocazione internazionale. Noi chiedevano un ampio coinvolgimento delle Camere, chiediamo quello che avviene in tutte le democrazie parlamentari».
E il coinvolgimento c’è stato, tanto che si è assistito al passaggio, grazie alle astensioni incrociate, della risoluzione di FdI (alla quale non a caso il governo non aveva dato parere contrario, rimettendosi all’Aula), che tra l’altro chiede che il governo si impegni per istituire un fondo di compensazione Ue per gli Stati più economicamente colpiti dalle sanzioni: «Grazie a noi l’Italia si presenterà al Consiglio con una linea chiara di politica internazionale», rivendica Giorgia Meloni.
E dunque passa senza ammorbidimenti la linea del premier, che prima ringrazia il Parlamento perché in questi momenti «l’unità è fondamentale» e le decisioni che si devono prendere sono «molto complesse anche a livello personale, sono decisioni profonde, che hanno risvolti anche morali profondi e complicati». Ma ci sono punti fermi: il primo è che «la colpa» della tragedia in atto e di quella «umanitaria che sta per abbattersi sui paesi più poveri» non è «delle sanzioni dell’Europa, è della Russia che ha dichiarato guerra all’Ucraina». E purtroppo non basta «cercare la pace» come l’Italia vuole, per ottenerla «bisogna essere in due». Per questo continuerà il sostegno all’Ucraina, nella sua difesa e di adesione all’Ue, come — se ne è parlato al Quirinale — si lavorerà sul tema spread, per limitare la crisi economica e alimentare, per modificare a Bruxelles il voto dall’unanimità a maggioranza.
In Aula, Meloni ha attaccato «l’ambiguità» del governo, rivendicando come sia questo il momento di fare «scelte necessarie a difendere i suoi interessi nazionali», e non quello dei «compromessi al ribasso: «L’Italia non può permettersi di essere l’anello debole dell’Occidente, cioè del sistema di alleanze commerciali, di difesa, economiche del quale fa parte da sempre», scandisce. La replica arriva da Enrico Letta, segretario del Pd: «La foto di qualche giorno fa ha tre protagonisti, il presidente francese, il cancelliere tedesco e il premier italiano», ed è «interesse nazionale quello che si sta portando avanti con il governo Draghi: sull’Ucraina non possiamo far prevalere la stanchezza, loro non sono stanchi. Continueremo a sostenere la loro libertà e la democrazia, che sono i valori della nostra civiltà».