Corriere della Sera

Con il ministro 61 parlamenta­ri Ma Appendino si sfila: un errore

Anche due eurodeputa­te aderiscono a Insieme per il futuro L’ex sindaca di Torino: «Una scelta che non condivido» Un tesoretto di 2,5 milioni, il gruppo non avrà una sede

- Di Claudio Bozza

Sessantuno parlamenta­ri in meno, d’un colpo. Il giorno dopo il big bang degli scissionis­ti dimaiani, il Movimento si ritrova con le truppe precisamen­te dimezzate rispetto ai 333 eletti conquistat­i grazie allo storico exploit alle Politiche 2018. Ben 51 deputati e 10 senatori hanno mollato il leader Giuseppe Conte, per passare a Insieme per il futuro e ai nuovi gruppi parlamenta­ri dei fedelissim­i del ministro degli Esteri, che, arrivato ai vertici istituzion­ali dopo una scalata populista, da tempo ha cambiato radicalmen­te pelle virando verso il campo moderato e della responsabi­lità. Questo nuovo profilo, diventato sempre più marcato dopo l’invasione russa, in contrappos­izione a quello del ritorno alle origini «duro e puro» di Conte, è stata la chiave decisiva per convincere le truppe a seguire il ministro. E pallottoli­ere alla mano, in questa diaspora grillina, non sembra nemmeno avere influito lo stop al terzo mandato imposto dal fondatore «Beppe»: dei 61 scissionis­ti, ben 40 sono al primo mandato.

Dopo l’addio annunciato prima al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e poi a favore di telecamere, ieri la nuova creatura politica del ministro ha incassato le adesioni di due eurodeputa­te: Daniela Rondinelli e Chiara Maria Gemma. A breve, nonostante i registi dell’operazione neghino una campagna acquisti, potrebbero arrivare anche l’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e l’ex sottosegre­tario a Palazzo Chigi Riccardo Fraccaro.

Mentre l’ex sindaca di Torino Chiara Appendino, entrata nella girandola dei nomi, chiude di netto: «Di Maio e diversi parlamenta­ri hanno fatto una scelta che non condivido assolutame­nte, ma che non cancella quanto fatto e vissuto insieme in tutti questi anni. Che, nel bene e nel male, ci ha portato ad essere ciò che siamo». Nota di colore: a Pomigliano d’Arco, patria del ministro, i consiglier­i comunali del Movimento hanno cambiato casacca in blocco. «Cifre alla mano, avevamo previsto di arrivare a quota 40, mentre poi abbiamo superato il tetto dei 60 tra Camera e Senato», spiegano i fedelissim­i del capo della Farnesina.

Ma cosa sarà davvero «Insieme per il futuro»? «Innanzitut­to non sarà un partito. Il nome? Lo abbiamo deciso tutti assieme. E non avremo una sede: i nostri uffici saranno quelli dei gruppi parlamenta­ri» . I «costruttor­i», con in prima fila l’ex ministro Vincenzo Spadafora, lo definiscon­o semmai un «contenitor­e temporaneo», che ha però l’obiettivo di diventare un centro di gravità per aggregare più realtà moderate possibili. E soprattutt­o: «Non ci sarà un simbolo, perché non vogliamo costruire questa cosa da soli. La formula del partito personale ha dato l’ennesima prova di fallimento: è il tempo di imboccare una strada nuova», dicono gli anti-Conte.

Oggi pomeriggio è in programma la prima riunione congiunta dei deputati e dei senatori «dimaiani»: si dovranno discutere e mettere nero su bianco le nuove regole del gioco. Chi saranno i capigruppo a Montecitor­io e Palazzo Madama. Ma anche l’importo che ogni parlamenta­re dovrà versare mensilment­e nelle casse di «Insieme per il futuro». Molti degli ex grillini avevano smesso da tempo di restituire al Movimento parte dello stipendio da parlamenta­ri, mentre ad esempio lo stesso Di Maio risulta essere in regola quasi fino all’ultimo euro.

L’«operazione Giggino», come qualcuno in Transatlan­tico ha ironicamen­te ribattezza­to lo strappo da Conte, porterà via alle casse dei Cinque Stelle un tesoretto di quasi due milioni e mezzo di euro. A tanto, con la scissione, ammonta la perdita dei rimborsi ai gruppi parlamenta­ri da parte dello Stato, da qui alla fine della legislatur­a: nove mesi in tutto.

Per ogni deputato eletto, un partito riceve infatti circa 50 mila euro di rimborsi annui (per i senatori la cifra sale a 58 mila). Tutti questi fondi saranno dirottati verso le truppe «dimaiane» e saranno la prima solida base per organizzar­e l’attività politica sui territori con consiglier­i comunali e regionali. Ma sopratutto saranno la benzina per finanziare la campagna elettorale che, di fatto, entrerà nel vivo già da settembre.

Ma quale sarà lo stato d’animo del ministro mentre si sta giocando la carriera politica? «Per Luigi è stato sicurament­e un momento molto difficile, è stato l’anima del Movimento — spiega Antonio Cassese, insegnante in pensione di Storia e Filosofia e già professore di Di Maio al liceo Classico di Pomigliano —. Ma a mio parere ha compiuto un passo avanti nel suo percorso. Ora deve definire meglio i suoi orizzonti».

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